Tajani e l'astensionismo ai referendum: si accende lo scontro politico

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AGI - A poco più di un mese dall'appuntamento referendario, l'invito del vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani a disertare le urne è la miccia che innesca lo scontro tra maggioranza e opposizioni. "Non condividiamo la proposta referendaria, quindi invitiamo all'astensione. Noi siamo per un astensionismo politico", spiega il ministro degli Esteri, che sottolinea: "Astenersi significa non andare a votare. Non c'è nessun obbligo di andare a votare".

Le reazioni dell'opposizione

L'appello di Tajani "è semplicemente vergognoso e illiberale. Ma a forza di stare con gli amici di Orban, ha imparato a essere antidemocratico", replica il segretario di Più Europa Riccardo Magi, tra i promotori di alcuni quesiti referendari. Secondo Magi le parole del leader di FI rappresentano "anche un'offesa al Presidente della Repubblica Mattarella, che proprio qualche giorno fa aveva invitato i cittadini a contrastare l'astensionismo".

I referendum dell'8 e 9 giugno

Nel mirino dei sostenitori dei 5 referendum, che si svolgeranno l'8 e il 9 giugno assieme agli eventuali ballottaggi per le amministrative, finisce anche il partito della premier che, secondo indiscrezioni di stampa, condividerebbe la linea dell'astensionismo.

Il dibattito nella maggioranza

Dice ad esempio Alberto Balboni, presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato ed esponente di FdI: "Sul piano del diritto costituzionale Landini zoppica alquanto e avrebbe bisogno di qualche ripetizione. Infatti, dovrebbe sapere che la nostra Costituzione non riconosce il voto come dovere, ma piuttosto come diritto", afferma in replica all'accusa del segretario CGIL, che si è detto "molto sorpreso che il partito di maggioranza del governo che è il partito anche del presidente del Consiglio, dia indicazione di non andare a votare. Io credo che questa sia una cosa grave, pericolosa". Per Balboni, al contrario, è "la nostra Costituzione" a prevedere "che sia pienamente legittima la scelta dell'astensione".

Le posizioni intermedie

Contrario nel merito, ma pronto ad andare a votare, il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi motiva così i suoi 5 no: "I quesiti referendari sul lavoro guardano al passato con paraocchi ideologici, senza offrire soluzioni concrete alle questioni che dicono di voler affrontare". E "voteremo no anche al quesito sulla cittadinanza, perché riteniamo che dieci anni siano un arco di tempo ragionevole per concedere la cittadinanza a chi ha intrapreso un reale percorso di integrazione".

Il fronte del sì

Elly Schlein rilancia il sostegno ai referendum, schierando il partito a favore di 5 sì. E in una posizione diametralmente opposta a Tajani, rimarca "l'impegno" del PD "a far salire la partecipazione verso l'8 e il 9 giugno, un appuntamento che non si può mancare. Chiediamo davvero a tutte e tutti di andare a votare. I cittadini e le cittadine hanno l'occasione di fare valere la dignità e la sicurezza del lavoro".

L'attacco di Conte e Fratoianni

Netto il leader M5S Giuseppe Conte: "Quando i politici, addirittura responsabili di governo, invitano i cittadini a non votare è segno che vogliono aggravare la situazione della nostra già malmessa democrazia. Vogliamo che i cittadini si esprimano", scandisce. Nicola Fratoianni giudica l'astensionismo "la principale malattia della democrazia nel nostro Paese". E servirebbe "senso di responsabilità" da parte delle forze politiche. "E invece Meloni e Tajani, per un cinico giochetto tattico, invitano a non andare a votare", osserva.

La posizione di Forza Italia

Per ora la Lega non interviene nel dibattito, mentre gli azzurri mantengono il punto: i referendum sono "un'operazione politica mascherata da partecipazione democratica" e "non partecipare al voto è una scelta consapevole, un atto politico contro un uso distorto del referendum", insiste il portavoce di FI Raffaele Nevi.

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