Schlein spinge sull'affluenza al referendum, obiettivo dei dem è 12 milioni di voti

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AGI - "Se si facesse un governo a trazione dem, a fare i ministri Elly chiamerebbe tutti i riformisti, così da non avere problemi all'interno della maggioranza". Primo pomeriggio, interno del Transatlantico: in attesa della ripresa dei lavori d'Aula, un gruppo di esponenti Pd di diverse aree politiche scherzano sui divanetti. Un vertice improvvisato per superare gli attriti causati dal referendum sul Jobs Act? Macchè. A fare discutere sono le voci, riprese da un articolo del Corriere, secondo cui al Nazareno si starebbe già ragionando di 'totoministri' in vista di una prossima vittoria alle elezioni politiche.

 

Una nota di colore che torna attuale ogni qualvolta la maggioranza che sostiene il governo mostri crepe o invii segnali di tensione. E la scelta di impugnare la legge elettorale trentina da parte dell'esecutivo - si dice con il parere contrario della Lega - viene interpretato come tale.

 

"Il primo a essere chiamato a fare il ministro sarebbe Lorenzo", scherza Andrea Orlando con l'ex ministro della Difesa, Guerini. Altre risate. Un clima apparentemente disteso che cela, in realtà, qualche preoccupazione fra le prime file dem per la stagione che si sta per aprire e che comincerà con il refernedum dell'8 e 9 giugno. La segretaria si gioca molto, se non tutto, in quell'appuntamento. Il suo stato maggiore lo sa, al punto che - per non lasciare nulla di intentato - il suo 'luogotenente' Igor Taruffi si presenta in Transatlantico con una vistosa spilletta appuntata al petto recante il logo per il 'Si''.

 

L'obiettivo dei dem è quello di raggiungere quota 12 milioni di partecipanti al voto. Non basterebbe a raggiungere il quorum, ma sarebbe una bella vittoria per Schlein che potrebbe rivendicare di aver portato a votare lo stesso numero di italiani che hanno consentito a Giorgia Meloni di entrare a Palazzo Chigi.

 

I segnali che arrivano al quartier generale del Pd sono positivi: "Mancano ancora tre settimane, ma il numero di quanti andranno a votare sta aumentando di giorno in giorno". Per questa ragione la segretaria suona ormai da giorni la carica per portare le persone alle urne, con la sua partecipazione alla maratona oratoria della Cgil e ai sit in davanti alle sedi Rai per chiedere maggiore spazio nel servizio pubblico per l'informazione sui quesiti referendari.

 

"Spero che l'Italia possa sorprenderci con una grande partecipazione", dice anche oggi Elly Schlein, apparentemente incurante del malumore che continua a serpeggiare tra le fila della minoranza sul quesito che mira ad abrogare il Jobs Act. Un pezzo di riformisti dem, tra cui Lorenzo Guerini, hanno alzato un muro a difesa della legge varata dal governo Renzi: "Siamo un partito che discute e cambia linea", si limita a spiegare Schlein ricordando che lei, nel 2015, era uscita dal partito e contestava "le scelte dell'allora governo. Mi sono candidata alla segreteria con una piattaforma di discontinuità rispetto al passato", aggiunge.

 

La road map del Nazareno prevede, subito dopo l'appuntamento con le urne, la convocazione dell'assemblea del partito. Un appuntamento che servirà a ritoccare la linea dem anche alla luce degli sconvolgimenti geopolitici che si sono verificati, cosi' da mettere un punto alle continue fughe in avanti di un pezzo della minoranza riformista.

 

Ma l'assemblea servirà anche a preparare la delicata campagna elettorale per le regionali d'autunno. La leader dem e il suo stretto entourage sono certi che una vittoria almeno in cinque regioni su sei sia alla portata. In quel caso, Schlein segnerebbe un punto importante in vista della sfida per la leadership del centrosinistra. Una sfida che vede come diretto avversario Giuseppe Conte.

 

Non sembra un caso che il Movimento 5 Stelle abbia messo mano al limite dei due mandati con un consiglio nazionale che, tra stop and go dovuti ai lavori delle Aule parlamentari, è rimasto convocato da martedì mattina. Prevedere una percentuale di deroghe al limite per deputati e senatori o un sistema di 'pit stop', con quelli che hanno raggiunto il limite e sono stati fermi per una legislatura (magari da trascorrere in un'altra carica elettiva, regionale o comunale) consentirebbe a Giuseppe Conte e al Movimento di contare su preferenze certe e sulla visibilità garantita da esponenti che sono sotto i riflettori ormai da anni. Oltre che recuperare alcuni nomi eccellenti rimasti ai box negli ultimi due anni e mezzo (vedi Roberto Fico o Paola Taverna). 

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