AGI - Arriva al Teatro Sistina di Roma, dove resterà in scena dal 12 marzo fino al 6 aprile, ‘Ogni promessa è debito' di Vincenzo Salemme. L'ultima commedia dell'autore, regista e attore di Bacoli che registra il sold out in tutta Italia, ruota attorno alla vicenda di un voto religioso, la promessa di donare una cifra cospicua in danaro alla Santa protettrice del proprio paese, fatto in stato di sonnambulismo da un uomo, tale Benedetto Croce (che per Napoli non è proprio un omonimia qualunque).
A questi verrà chiesto conto del voto sia dalla comunità che dalla famiglia. Raggiunto telefonicamente dall'AGI, Vincenzo Salemme racconta la genesi di quest'opera e racconta di dovere molto alla drammaturgia di Eduardo De Filippo. “È stato molto faticoso scrivere questa commedia – spiega Salemme - io l'avevo scritta prima del Covid. Poi quando l'ho ripresa in mano non mi convinceva più e l'ho riscritta tantissime volte. È una commedia sfiziosa, leggera, divertente e mi sembra che il pubblico la gradisca molto. Parla di un voto involontario. Nella commedia sono un uomo, proprietario di una pizzeria e ho due figli. Durante una gita in barca abbiamo un incidente, io prendo una botta in testa e da sonnambulo mi sveglio e prendo la radio di bordo e faccio un voto, prometto di donare una cifra molto importante a Sant'Anna, che è nella realtà è proprio la santa protettrice del mio paese, Sant'Anna è la protettrice di Bacoli. E quindi, tutti dopo vengono a chiedermi conto di questo voto”.
Salemme, che nel 2026 festeggerà 50 anni di carriera, ha al suo attivo – tra commedie e atti unici – una trentina di opere tutte messe in scena con grande successo nelle quali è stato anche regista e attore. In ‘Ogni promessa è debito', spiega all'AGI, c'è una novità, un cambiamento rispetto al passato e, forse, un salto di livello dovuto a una ‘scoperta' avvenuta di recente. “È una commedia molto particolare, nuova nella struttura – spiega - qui non è proprio possibile fare l'intervallo perché c'è un'unità di azione e di tempo, anche se poi, come luci, sembra passare una giornata. Un dialogo dentro l'altro, una specie di matrioska come se le parole si calamitassero tra di loro e si respingessero. È particolare, è curiosa e, anche se poi vedendola sembra per così dire ‘facile', in realtà non è stato facile scriverla e credo che mi abbia condizionato l'incontro con la drammaturgia di Eduardo”.
Salemme ha iniziato a lavorare proprio col grande drammaturgo napoletano (è rimasto poi nella compagnia con il figlio Luca fino alla sua morte nel 1984). Eppure ammette di aver ‘incontrato' forse per la prima volta solo adesso l'essenza drammaturgica di De Filippo. Dopo avere preso in mano e portato in scena al teatro Diana di Napoli e poi in tv sulla Rai ‘Natale in casa Cupiello' a fine 2024. Un'operazione che ha avuto un grandissimo successo (3 milioni di telespettatori) in cui Salemme ha fatto sua un'opera che nell'immaginario comune è inscindibile dalla figura di Eduardo attore.
“Quella di Eduardo è una drammaturgia molto più sorprendente di quando non la si faccia – spiega Salemme – bisogna uscire dall'attore Eduardo una volta per tutte e prendere i testi come fosse Molière. Lui è stato grandioso come attore, ma ora bisogna prendere i testi e dimenticare Eduardo. Perché sono un mondo enorme. ‘Natale in casa Cupiello' è un mondo enorme e io me ci sono perduto dentro. Perché, nella sua semplicità, ogni parola è costruita dall'esperienza di palcoscenico, dalla maestria, dalla scuola, dalla tradizione, dall'intelligenza. È molto più ricco il repertorio eduardiano di quanto non dicano e teorizzino alcuni accademici – aggiunge – perciò bisogna lasciare da parte la teoria e rappresentarlo. E devono farlo i ragazzi, i giovani devono prendere Eduardo e portarlo in scena spudoratamente, sfacciatamente, con coraggio e passione. Ed è questo che mi ha regalato l'esperienza di ‘Natale in casa Cupiello', mi ha insegnato tanto, per cui anche questo spettacolo mio l'ho affrontato in modo totalmente diverso e l'ho riscritto decine e decine di volte finché non ho trovato quello che a me sembra la giusta quadra”.
Per ‘Ogni promessa è debito', aggiunge, Eduardo “mi ha aiutato e mi ha obbligato” a fare questo lavoro di riscrittura. Un insegnamento che, spiega ancora Salemme, viene proprio dalla scoperta della drammaturgia dei testi di De Filippo. “A parole tutti diciamo che Eduardo è il grande drammaturgo – aggiunge - però nella realtà parliamo sempre di Eduardo ‘come l'ha fatto lui', Edoardo ‘quello lì che c'è in televisione'… bisogna staccare le commedie di Eduardo dalla sua immagine perché quelle sono bellissime, ma sono anche tanto di più. Bisogna liberare Eduardo da Eduardo – spiega ancora – liberarlo, lo dico ovviamente sempre con grande rispetto, in senso nobile. Sono commedie meravigliose, sono meravigliose per come sono, ci devi mettere la tua interpretazione, la tua cifra e te lo consentono”.
Come è entrato Eduardo in ‘Ogni promessa è debito'? “Ci è entrato, per esempio, nel modo in cui faccio un rimando tra una battuta e l'altra. ‘Natale in casa di Cupiello' è ricco di sapienza e io ho provato a riscrivere il testo della mia commedia con più sapienza – spiega Salemme all'AGI - ogni volta che l'ho riscritto, l'ho fatto per aiutare il pubblico a entrarci, per aiutare la risata ad arrivare fluida, per far arrivare il sentimento senza un atteggiamento moralistico, in maniera molto più naturale. ‘Natale in casa Cupiello' è la commedia con la ‘c' maiuscola per eccellenza, per cui ho provato ad entrare nel mondo della commedia con più naturalezza. Le mie cose di solito raccontano più fatti estremi, questa è la loro particolarità. Stavolta ho provato a restare me stesso, ma ad addolcire il passaggio tra un estremo farsesco e un estremo sentimentale, tra un'emozione e l'altra”.
A 67 anni, dopo quasi mezzo secolo sui palcoscenici, diventato da anni uno dei più amati e apprezzati commediografi italiani, Vincenzo Salemme rivela all'AGI che gli piacerebbe scrivere un libro sul teatro. Ma un libro che non ti aspetti, “non un libro su quello che ho fatto in questi 50 anni – dice il regista e attore campano - mi piacerebbe scrivere un libro sul teatro per dare una mano ai ragazzi, su tutto quello che non sono riuscito a scoprire del teatro. Lo vorrei chiamare ‘L'utopia del teatro' – aggiunge - nel senso che, anche se può sembrare un ossimoro, per me il teatro non si può fare: è impossibile fare veramente teatro. Quello che abbiamo detto di ‘Natale in casa Cupiello' è quello che io ho dato, la mia interpretazione: se lo fa Vincenzo Salemme, vedrete Vincenzo Salemme che vive e muore in palcoscenico mentre fa ‘Natale in casa Cupello'. Non è più il testo. Il teatro è una cosa che avviene e muore nell'istante stesso in cui, appunto, avviene e muore. C'è contemporaneità tra nascita e morte – prosegue nel suo ragionamento - ed è l'unica cosa nell'esistenza che io conosca che ha questa contemporaneità: è paradossale, ma il teatro nasce nello stesso istante e questo è pazzesco. Mi piacerebbe scrivere un libro in cui racconto che ho imparato che è impossibile imparare davvero a fare teatro. In cinquant'anni – conclude - non ho capito come si fa a fare davvero teatro”.