Rivali quasi amici. Thoeni e Gross fanno rivivere la Valanga azzurra

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AGI - "Io pensavo già di conoscere i miei miti dello sci Thoeni Gross... E pensavo che loro conoscessero me. Ma non era così. Ma è stato un attimo e sono entrato nelle loro vite. Io non ero cosi emozionato quando ho lavorato con De Niro". Lo dice Giovanni Veronesi presentando il docufilm 'La valanga azzurra' sulla squadra di sci italiana più vincente di sempre, guidata da Gustavo Thoeni e Piero Gross negli anni '70, presentato oggi alla Festa del cinema di Roma.

"Io non sono riuscito a copiare Gustavo in pieno, avrei voluto avere un po' dei suoi Beatles, ma con i Beatles forse un po' più di calma e gesso, come si dice, non avrebbe guastato". Lo dice Piero Gross, ex campione olimpico e mondiale di sci alpino, insieme a Gustavo Thoeni protagonista della grande avventura durata oltre 10 anni della 'valanga azzurra'. Al gruppo di campioni che negli anni '70 ha dominato il circo bianco Giovanni Veronesi ha dedicato un docufilm.

 

I due campionissimi - vincitori, tra l'altro, di cinque coppe del mondo, due ori e due argenti olimpici in due - erano paragonati dalla stampa dell'epoca ai Bealtles (Thoeni) e ai Rolling Stones (Gross). Rivali, ma sempre amici e rispettosi l'uno dell'altro. Su questo punto sono tornati anche oggi in conferenza stampa a Roma. "La mia rivalità con Gustavo? La rivalità è una risorsa dello sport, senza rivali non puoi più niente, non sei nessuno e non staremmo qua a parlarci. Nello sport c'è l'amicizia, il rispetto, sono regole che impariamo. Basta leggere le regole del Comitato Olimpico che purtroppo non è che si rispettano tanto".

Nello sport, spiega ancora Gross, "puoi avere anche dei contrasti, puoi avere un carattere diverso, ma se non c'è questo rispetto nello sport... io non lo capisco, non riesco a rendermi conto. Perché allora avremmo dovuto odiare Stenmark quando è arrivato invece io dicevo: ma come facciamo a batterlo questo? Non è possibile... tu vai forte, non sbaglia una curva, questo va giù e ti dà due secondi, puoi solo dire bravo. Puoi solo essere ammirato".

Poi ricorda che anche in occasione del 'grande sgarbo' fatto a Thoeni ai Giochi invernali di Innsbruck del 1976, quando vinse l'oro battendo proprio il compagno di squadra nella discesa di slalom speciale ("Gustavo purtroppo ha perso la medaglia per colpa, diciamo così, del destino", scherza), "Mario Cotelli ha avuto un'introduzione insieme a Oreste Peccedi (rispettivamente direttore tecnico e allenatore della Valanga azzurra, ndr). Abbiamo fatto 3-4 giorni di allenamento a Brunico con Ingmar (Stenmark, ndr). Ingmar era allenato da Hermann Nogler che ci diceva che era una bella pista, simile a Innsbruck. Ci siamo allenati insieme. È allenarsi con Stenmark ci ha dato una spintina in più. E per fortuna poi abbiamo fatto quello che abbiamo fatto", aggiunge. "E forse a Innsbruck se non cadevano o Fausto Radici o Bieler, che erano meglio messi di me, perche' mi pare che Franco Bieler fosse secondo o terzo dopo la prima manche (in realta' era quarto, ndr), avremmo fatto tripletta perché era una squadra più forte. Ingmar ha dovuto spingere un po' di più del dovuto ed è successo quello che è successo", aggiunge ricordando che il campione svedese è uscito nella seconda manche dopo essersi piazzato al nono posto dopo la prima.

Sulla rivalità e amicizia in pista torna poi lo stesso Gustavo Thoeni: "La rivalità c'era sicuramente, perché ognuno cercava di essere più veloce dell'altro, un po' in allenamento, che era sicuramente un grande stimolo a tutti e due, anche a me stesso. E poi in gara - spiega Thoeni - certo, era uno sport singolo, cioè ognuno cerca di essere davanti all'altro".

Un rapporto di rivalità ma anche di amicizia: "Noi stavamo sempre insieme, anche in allenamento". Poi in gara "senz'altro si cerca di vincere. In quel momento lì, se vince l'altro un po' ti arrabbi, ma con te stesso", spiega. 

 

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