'Pressing' dei riformisti su Schlein. E Zanda evoca congresso

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AGI - "Serve un congresso straordinario". La parola che nessuno nel Partito Democratico osa pronunciare la fa mettere nero su bianco Luigi Zanda che del Pd è stato co-fondatore. In una intervista a La Stampa, l'ex senatore dem si sofferma sul ciclone che investito Stati Uniti ed Europa dall'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca.
"Davanti alla straordinarietà della fase storica che stiamo vivendo e dunque al bisogno urgente e assoluto per il Pd di darsi una linea chiara sulla politica internazionale ed europea, l'unico luogo nel quale un dibattito di questo rilievo possa svolgersi in modo franco e trasparente è un congresso straordinario", spiega. Il riferimento è a quanto ha fatto vedere il partito prima e durante il Consiglio Europeo che ha discusso del piano di riarmo presentato da Ursula Von der Leyen. Da una parte la linea della segretaria Elly Schlein, contraria al piano. Dall'altra quella della minoranza dem, favorevole a quello che definiscono un "passo avanti" in direzione di una vera difesa comune. Una linea, questa, più vicina a quella del gruppo europeo S&D al quale il Pd appartiene.
"Mentre Trump e Putin da soli stanno decidendo la sorte dell'Europa", osserva Zanda, "mentre il mondo cambia cosi' radicalmente sotto i nostri occhi, mentre abbiamo la guerra in Europa e nel Mediterraneo, la principale preoccupazione del Pd è stata quella di bocciare la Presidente della Commissione europea. Assumendo una posizione che non coincide con quella del Pse". Parole che non si distaccano di molto da quelle utilizzate dai riformisti dem che, con toni diversi, chiedono alla segretaria di sostenere con maggiore convinzione il piano di riarmo europeo. Il confronto interno sul ReArm, tuttavia, non esaurisce i nodi sul tavolo della segretaria. Il partito ha visto ieri l'uscita di Annamaria Furlan, passata a Italia Viva. Una scelta che la senatrice ha spiegato con le differenze di vedute su temi per lei esiziali, come il lavoro.
Furlan, infatti, è stata protagonista di una lunga e accesa assemblea dei gruppi congiunti alla vigilia del voto dell'Aula di Montecitorio sulla proposta di legge presentata dalla Cisl che prevede la partecipazione dei lavoratori alla governance delle aziende. Furlan, e con lei un gruppo di parlamentari della minoranza interna (ma non solo), si è battuta per portare la linea del partito a non bocciare del tutto la proposta, cosi' da "non sbattere la porta in faccia" alla Cisl. 

 

 

Al termine dell'assemblea, però, la linea della segretaria Schlein e di tutta la maggioranza è rimasta quella del 'no' alla legge. In Aula, poi, l'apertura ad alcune modifiche arrivata dalla maggioranza, ha portato i dem ad astenersi. Ma a quel punto lo strappo, per Furlan, era compiuto. Un clima di tensione interna che cresce da settimane di pari passo con l'attivismo di alcuni 'big' del Pd, come Paolo Gentiloni, Dario Franceschini, Goffredo Bettini e Romano Prodi (anche se il Professore da qualche giorno sembra aver scelto la linea del silenzio, almeno pubblicamente).
Più felpati, ma decisi anch'essi, rispetto all'uscita di Zanda gli interventi di alcuni esponenti riformisti, da Lia Quartapelle a marianna Madia, passando per Lorenzo Guerini e Alessandro Alfieri. Esponenti che non hanno mancato di segnalare la propria posizione in dissenso rispetto a quello della segreteria sul piano di riarmo e sui provvedimenti che riguardano il lavoro. A quegli esponenti fa esplicito riferimento Carlo Calenda, leader di Azione: "Paolo Gentiloni e Lorenzo Guerini, certificate la vostra esistenza in vita al netto di Pina Picierno e Filippo Sensi", è l'invocazione di Calenda che, poi, si rivolge a Elly Schlein: "Ma vi siete bevuti il cervello?".
Il riferimento è a un post apparso sui social del Pd in cui, fra l'ironia e la provocazione, ci si complimentava con Matteo Salvini per il titolo del quotidiano La Repubblica che fa dire alla premier "Sulle armi parli come il Pd", in uno sfogo con il vicepremier. Dopo Calenda, è la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, a scagliarsi contro il post: "Mi vergogno e mi dispiace molto. Il Partito Democratico è germogliato dalle tradizioni più alte e più nobili della storia politica del Paese. Ha nel suo dna l'europeismo. Ed è di tutta evidenza che non può essere questo il nostro posizionamento". Proprio Picierno è fra quanti hanno marcato con più forza la propria contrarietà alla linea Schlein.
 
Nessuno, però, si era mai spinto a invocare il congresso. Fino a oggi. E questo, spiega una fonte parlamentare di minoranza, per almeno tre ragioni. La prima è la forza elettorale mostrata da Schlein nelle ultime tornate, con il partito circa dieci punti dal 2022. La seconda è il consenso che viene attribuito ancora alla premier e che scoraggia 'colpi di mano' sulla leadership. Infine, la terza ragione - più prosaica - è che le liste elettorali per le prossime politiche sono in mano a Schlein e, senza una sicura alternativa, in pochi si sentono di metterne in discussione la guida.

 

 

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