Mattarella, Liliana Segre e la pistola non raccolta

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AGI - Liliana Segre socchiude gli occhi, a riprendere il ricordo. C'era un soldato, un comandante ad Auschwitz, brutale e spietato, feroce. Stava fuggendo per non finire nelle mani dei russi: si toglieva la divisa, gettava via la pistola. Che cadde a poca distanza da lei, che aveva 14 anni e fino allora era stata come un giocattolo di pezza nelle sue mani. "Mi venne l'impulso di prenderla", ammette, "per sparargli. Ma non lo feci. E fu allora che capii".

 

Capì, questa donna che quasi sussurra mentre Sergio Mattarella l'ascolta attento: "Quell'attimo io capii l'enorme differenza che c'era con lui; mai io per alcuna ragione avrei potuto uccidere nessuno. Diventai una donna di pace". E con una frase preceduta da una premessa, "sono stata molto amata", Liliana Segre mostra quale sia la vera vittoria sull'odio e i suoi discepoli. Sulla Shoah e su quanti, ancora adesso, sono pronti a resuscitarla.

 

Ricordare senza riflettere ha poco senso, soprattutto ora che gli scampati ai lager sono sempre meno, portati via dal tempo. Per questo il Capo dello Stato ha voluto celebrare una volta di più la Giornata della Memoria, che pure lo ha visto ventiquattr'ore prima ad Auschwitz insieme a presidenti e teste coronate. Certo, non tutte le delegazioni erano presenti al completo o erano del tutto assenti, eppure è stato un "evento storico", "un evento che ha espresso anche il significato di rinnovare un patto tra le nazioni e i popoli che, in tempi difficili come quelli che stiamo attraversando, in cui la violenza, l'aggressione, l'inimicizia, la guerra sembrano voler prendere il sopravvento, accende una speranza".

 

Insomma, secondo Mattarella tante sono le legittime preoccupazioni, altrettanto certo è però che non bisogna perdersi d'animo di fronte all'urlo dell'intolleranza.
Un urlo che passa sempre più spesso dai social. "È doloroso e inaccettabile che vi siano ignobili insulti razzisti alla senatrice Segre, su quei social media che sono nati come espressione di libertà e che rischiano invece, sovente, di diventare strumento di violenza e di negazione di diritti", scandisce il Capo dello Stato, che avverte: "Occorre mettervi un argine. Sono reati gravi, che vanno perseguiti a tutela della libertà e della giustizia".

 

Perché purtroppo è vero: Auschwitz è una "tentazione che riaffiora", un fantasma che "alberga in fondo al cuore dell'uomo". Auschwitz è frutto anche - deve essere chiaro - di quelle leggi razziali che il fascismo promosse ed impose e che i fascisti applicarono trasformandosi in "volenterosi carnefici di Hitler". Ragion per cui quello che è venuto dopo (la pace, la democrazia, la sconfitta del razzismo) è il risultato del rifiuto di tutto ciò.

 

Le sofferenze dei campi di sterminio "hanno plasmato lo spirito e la forma della nostra Costituzione, che è nata - e vive - per cancellare i principi, le azioni, le parole d'ordine del cupo dominio nazifascista, di cui il sanguinoso conflitto mondiale e i campi di sterminio furono gli esiti crudeli e inevitabili", sottolinea Mattarella, che traccia così una diretta discendenza della Carta dalla tragedia dell'Olocausto. Infatti "al contrario dell'odio, della fede cieca e dell'obbedienza incondizionata, la Costituzione prevede la democrazia, la partecipazione, le garanzie e i controlli". Nelle singole democrazie e di quel metodo democratico che dovrebbe essere al centro delle relazioni tra i popoli.

 

Non a caso Mattarella cita l'Ucraina, dove "l'invasione russa è avvenuta con slogan e giustificazioni di nazionalismo sciovinista e aggressivo, che appartengono a un passato condannato dalla storia". Ma cita, il Presidente, un altro caso ancor più delicato, vista la circostanza. "Ci preoccupano, a livello generale, l'astio predicato verso altri popoli, altre religioni, altre culture, e, tra gli altri fenomeni, la minaccia continua alla sicurezza e alla stessa esistenza del popolo di Israele", dice. Poi prosegue: "Così come quanto - dopo l'orrore del 7 ottobre - è avvenuto di sconvolgente nella Striscia di Gaza, provocando la morte di tante migliaia di innocenti civili palestinesi".

 

Non è un banale inciso, il suo. Tanto è vero che subito dopo Mattarella chiede esplicitamente che il metodo democratico, il dialogo, la fine dell'odio tra popoli e nazioni, generi una pace autentica e duratura anche in Medioriente. "Ci auguriamo che la recente tregua, che ha portato alla liberazione degli innocenti ostaggi israeliani rimasti in vita e a una cessazione delle ostilità, venga davvero rispettata", auspica e ribadisce: la tregua "regga agli eventi successivi e alle spinte estremistiche e radicali in modo da trasformarsi in un processo di vera distensione, verso la soluzione dei "due Stati, due popoli", l'unica in grado di cercare di dissolvere i giacimenti di odio che si sono ulteriormente accresciuti".

 

Perché per essere uomini e donne di pace, per essere diversi dai discepoli dell'odio e dai volenterosi carnefici, per non essere assimilabili ai fascisti propugnatori delle leggi razziali, basta anche solo un gesto. Basta non prendere in mano una pistola.

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