Le plastiche possono decomporsi in condizioni ambientali comuni? Sembra di sì

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AGI - Ricercatori della Rutgers University hanno dimostrato che è possibile progettare plastiche capaci di decomporsi in condizioni ambientali comuni, grazie a una strategia chimica che replica il principio con cui i polimeri naturali come DNA e proteine si rompono alla fine del loro ciclo vitale. Lo studio, pubblicato su Nature Chemistry, mostra che l’inserimento controllato di gruppi funzionali nella struttura dei polimeri permette di programmare la loro degradazione senza modificarne la resistenza durante l’uso e offre una potenziale risposta alla crescente produzione globale di rifiuti plastici. 

Nel lavoro, il gruppo coordinato da Yuwei Gu ha ricreato nei polimeri sintetici un elemento strutturale tipico dei polimeri biologici: minuscoli gruppi “helper” integrati nella catena molecolare che indeboliscono i legami chimici quando attivati. Questa disposizione, definita dai ricercatori una sorta di “pre-piegatura” della struttura, accelera il processo di rottura di migliaia di volte rispetto alle plastiche tradizionali. La degradazione può essere modulata variando l’orientamento dei gruppi funzionali o attivata da stimoli come luce ultravioletta o ioni metallici. 

Gli esperimenti indicano che la stessa formulazione chimica può essere adattata a diversi tempi di utilizzo: dalle confezioni usa e getta destinate a durare poche ore fino ai componenti automobilistici che devono mantenere le proprie prestazioni per anni. I primi test mostrano inoltre che i prodotti liquidi della degradazione non risultano tossici, ma gli autori sottolineano la necessità di verifiche approfondite per confermare la sicurezza lungo l’intero ciclo di vita.

Il gruppo sta anche valutando la compatibilità del metodo con le plastiche già impiegate nei processi industriali. Secondo gli autori, la possibilità di programmare la durata dei materiali amplia il ventaglio applicativo di questa strategia, che potrebbe essere estesa alla realizzazione di capsule a rilascio controllato di farmaci o rivestimenti temporanei.

Il team sta ora studiando nel dettaglio la natura dei frammenti prodotti dalla decomposizione e le possibili interazioni con organismi ed ecosistemi, con l’obiettivo di definire standard di sicurezza per l’adozione industriale. I ricercatori evidenziano che la chiave della strategia risiede nella riproduzione fedele di un principio alla base della chimica dei polimeri naturali, che consente alle molecole biologiche di garantire stabilità funzionale e successiva decomposizione. L’approccio, secondo lo studio, rappresenta un modello per riprogettare materiali sintetici destinati a ridurre l’accumulo di rifiuti persistenti, mantenendo allo stesso tempo le prestazioni richieste nei diversi ambiti di utilizzo.

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