La transizione non carbura e il mercato europeo dell'auto va in crash

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AGI - La transizione non carbura e il mercato europeo dell'auto segna una brusca frenata. Potrebbe essere riassunta così la situazione dell'automotive che toglie il sonno ai governi europei: dalla competizione con la Cina sulle auto elettriche, alla crisi dei grandi marchi europei che segnano crolli nelle vendite. Volkswagen nei giorni scorsi, dopo aver tagliato le stime per il 2024, ha annunciato la chiusura di tre stabilimenti in Germania e di uno stabilimento Audi in Belgio.

 

In Italia, nella legge di bilancio è comparso un taglio di 4,6 miliardi agli incentivi alla transizione. Una misura che ha messo in allarme l'Associazione nazionale Filiera Industria Automobilistica (Anfia), che considera “impossibile sostenere le imprese senza le risorse” e aggiunge “nei prossimi mesi, se non si sostengono le aziende in difficoltà, rischia di esplodere una bomba sociale”.

 

L'associazione che ha appreso dei tagli leggendo le tabelle, e senza una interlocuzione con il ministero lamenta che “la scelta ricade in un momento di particolare difficoltà per il settore a partire dalla crisi in Germania, al calo del mercato in tutta Europa, ma in Italia ancora più forte, fino alla transizione che non sta andando nella direzione auspicata”. Intanto l'Europa prova a difendersi come può. Ieri la Commissione ha varato un pacchetto di dazi verso i marchi che esportano veicoli elettrici dalla Cina: 17% per il Gruppo Byd; 18,8% per il Gruppo Geely; 35,3% per il Gruppo Saic; 7,8% per Tesla; 20,7% per altre aziende che hanno collaborato all'indagine dell'Ue e, infine, 35,3% per tutte le altre società.

La Camera di commercio cinese ha chiesto la fine delle misure che considera "protezionistiche" e "siamo profondamente dispiaciuti e siamo insoddisfatti della decisione politicamente motivata".

 

I numeri

 Decisione quella della Ue che sembra confortata dai numeri diffusi dall'Eurostat secondo cui nel 2023, quasi il 43% del numero totale di auto importate nell'Unione europea sono veicoli elettrici o ibridi, un aumento significativo rispetto alla quota osservata nel 2017, all'8%. In termini di valore, nel 2023 l'Ue ha speso 44,6 miliardi di euro nelle importazioni da paesi extra-Ue per auto ibride ed elettriche, un aumento del 21% rispetto al 2022 (36,9 miliardi). I primi tre paesi extra-Ue dai quali l'Ue ha importato auto elettriche sono stati la Cina, con 9,7 miliardi di euro (48% dell'import totale di auto elettriche), la Corea del Sud (4,3 miliardi di euro, 21%) e il Regno Unito (2,1 miliardi di euro, 10%).

 

Il vertice di Budapest

Ma non basta. Nel prossimo vertice di Budapest che si terrà il prossimo 8 novembre, i leader europei inseriranno nel documento finale un passaggio sul mercato dell'auto in Europa dove esprimeranno l'esigenza di “prestare particolare attenzione alle industrie tradizionali in fase di transizione, comprese quelle ad alta intensità energetica e l'industria automobilistica”. In vista dell'appuntamento, Von der Leyen nei giorni scorsi ha avuto una serie di colloqui con i ceo di Bmw, Mercedes-Benz, e con gli Elkann.

 

Il presidente di Stellantis, ha fatto inoltre sapere che non parteciperà all'audizione alla commissione Attività produttive della Camera dei Deputati, perché non ci sarebbero “novità” rispetto a quanto riferito dal ceo Carlo Tavares lo scorso 11 ottobre. Lo scenario per l'auto è complesso e sembra non in grado di reggere la transizione auspicata per il 2035. I produttori europei sono in ritardo e scontano prezzi dell'energia più alti, la poca attrattività dell'elettrico tra il pubblico, anche dovuto a una difficoltà legata al potere d'acquisto. In questo contesto gli incentivi, appaiono l'unico strumento per incentivare la domanda e contrastare il mercato cinese che rischia di invadere le strade nostrane.

Nonostante le sofferenze del comparto, la Commissione sembra voler tirare dritto sugli obiettivi del Green Deal europeo, a partire dallo stop del 2035 per le auto a motore termico.

 

Ma c'è una data su cui Germania e Italia provano a fare asse: ovvero il 2026 quando per il piano è previsto un check e una revisione al regolamento sul taglio delle emissioni. Alcuni stati vorrebbero che il termine venisse anticipato al 2025, in modo da evitare ai produttori europei multe che potrebbero essere miliardarie. Per evitare le sanzioni molte case automobilistiche potrebbero interrompere la produzione dei veicoli diesel e benzina, con importanti ricadute occupazionali.

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