La solitudine si combatte sempre più con un Chatbot

11 ore fa 2

AGI - Il ricorso sempre più frequente ai chatbot di intelligenza artificiale come strumenti di compagnia e supporto emotivo è un potenziale rischio per la salute mentale, in particolare tra i giovani. A lanciare l'allarme sono Susan Shelmerdine e Matthew Nour in un articolo pubblicato sul BMJ, che analizza il legame tra solitudine e uso dei sistemi di IA conversazionale.
Secondo gli autori, l'aumento della solitudine, riconosciuta nel 2023 anche dal Surgeon General degli Stati Uniti come una vera emergenza di salute pubblica, sta spingendo molte persone a cercare forme alternative di relazione. In questo contesto, chatbot come ChatGPT, Claude o Copilot vengono sempre più utilizzati come confidenti, con il rischio di favorire legami emotivi con entità prive di empatia, cura e capacità relazionali autenticamente umane.

 I dati richiamati nello studio mostrano che nel Regno Unito quasi la metà degli adulti riferisce di sentirsi sola almeno occasionalmente e che la solitudine cronica colpisce circa una persona su dieci, con un impatto rilevante anche tra i giovani tra i 16 e i 24 anni. A livello globale, ChatGPT conta centinaia di milioni di utenti settimanali e, tra le principali motivazioni d'uso, compaiono sempre più spesso terapia e compagnia. Gli autori citano inoltre studi che indicano come un terzo degli adolescenti utilizzi compagni virtuali basati su IA per l'interazione sociale, con una quota non trascurabile che giudica le conversazioni con l'IA più soddisfacenti di quelle con altre persone o che sceglierebbe un chatbot per affrontare conversazioni importanti.

Alla luce di questi elementi, Shelmerdine e Nour propongono di considerare l'uso problematico dei chatbot come un possibile nuovo fattore di rischio ambientale nella valutazione clinica dei disturbi mentali. In particolare, suggeriscono che i clinici introducano domande esplorative sull'uso dell'IA, soprattutto nei periodi festivi, quando le persone più vulnerabili risultano maggiormente esposte a isolamento e solitudine. Pur riconoscendo che l'intelligenza artificiale possa offrire benefici in termini di accessibilità e supporto, gli autori sottolineano la necessità di studi empirici per definire meglio i rischi delle interazioni uomo-chatbot, sviluppare competenze cliniche adeguate e promuovere interventi basati su evidenze scientifiche. 

 

 

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