”La mummia del “Diavolo” nella cripta dei cappuccini di Brno”

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AGI - Quando muore il 4 ottobre 1749 nessuno solleva obiezioni alla decisione di portare la sua salma nella cripta dei cappuccini a Brno dove sono conservati i resti dei frati e dei benefattori dell'Ordine. Eppure, in vita, era conosciuto come “il Diavolo Trenck” per le sue imprese guerresche. Le particolari condizioni climatiche hanno conservato fino a oggi il corpo mummificato del barone Franz von der Trenck, che racchiude tutti i risvolti e le contraddizioni dell'Europa del Settecento. Nato a Reggio Calabria il I gennaio 1711 da Anne Marie Kettler von Hargrätten e dal luogotenente imperiale Johann Heinrich Trenck, inviato nel sud dell'Italia per motivi di servizio, era di sangue prussiano, ma austriaco per tradizione familiare e militare, tedesco e ungherese per formazione scolastica, ancora austriaco e russo per esperienza di guerra, croato per militanza e infine moravo nella fase calante della breve vita.

 

Colto, cosmopolita e poliglotta, aveva scelto il mestiere delle armi

 

Brillante, cosmopolita e poliglotta, ribelle di carattere, nel mestiere delle armi diede il meglio e il peggio. Tra le tante cose creò un corpo di mercenari, circa cinquemila paramilitari quasi tutti croati, con cui sparse il terrore a piene mani in tempo di guerra, per la spietatezza e le crudeltà di cui si erano macchiati. Eppure era un uomo colto e di ampie vedute. Tra il 1720 e il 1728 aveva studiato a Sopron, a Požega e a Vienna con i gesuiti, dimostrando notevoli qualità che gli permettevano tra le varie cose di esprimersi fluentemente in tedesco, italiano, latino, ungherese, croato e francese. Ma il richiamo dell'esercito era stato più forte di quello della cultura. A diciassette anni entra nell'8° reggimento di fanteria ungherese, diventando subito tenente, ma dura poco: per indisciplina è altrettanto subito degradato ed espulso.

E così nel 1737 porge la sua spada all'Austria per combattere contro i turchi, portando in dote una milizia personale di 4.000 uomini, ma si vede respingere la sua offerta. Guarda allora alla Russia, e la zarina Anna Ivanovna lo prende nelle fila imperiali come secondo capitano di cavalleria del reggimento ussari. Il suo valore in battaglia è pari alla sua insofferenza per la disciplina e per i superiori. È promosso maggiore nonostante quegli stessi superiori sottolineino gli episodi di brutalità di cui sono imputati i suoi uomini che non accettano alcuna ingerenza nella loro condotta e non riconoscono ordini che non arrivino dal loro capo.

 

La prima condanna a morte in Russia e poi al servizio dell'Austria

 

Nel 1740, però, Trenck finisce però davanti alla corte marziale per aver insultato e aggredito il suo comandante. Degradato, incarcerato e condannato a morte, viene graziato all'ultimo momento per intercessione del Feldmaresciallo Münnich, ma deve lasciare l'esercito zarista e pure la Russia. Se ne torna nelle sue proprietà in Slavonia e mostra subito, contro il banditismo, lo stesso pugno di ferro del campo di battaglia. Rimette a posto ordine e legge a modo suo, ma passa talmente i limiti che è costretto ad andarsene e a chiedere asilo ai frati cappuccini a Vienna. Qui l'arciduca Carlo di Lorena gli apre le porte della corte di Maria Teresa, dove uno come lui può fare comodo, perché i prussiani di Federico II dal 16 dicembre 1740 occupano la Slesia austriaca, preda della guerra di successione austriaca. Maria Teresa autorizza Trenck a formare un corpo di volontari, i Panduri, arruolati senza alcun filtro. Nelle fila del corpo che si farà una spaventosa nomea militano criminali, delinquenti, tagliagole, avventurieri fedelissimi al capo che non riconoscono alcuna disciplina militare, figurarsi il resto.

 

A capo dei Panduri, tra valore in guerra e atrocità di ogni genere

 

Trenck passa dal grado di tenente colonnello a colonnello e sovverte ogni tattica del tempo specializzandosi nella guerriglia e nelle infiltrazioni oltre le linee nemiche, senza curarsi delle crudeltà dei Panduri contro i soldati e contro i civili, vittime indiscriminate di saccheggi, violenze, stupri e razzie. Tanto spietati quanto sempre in prima linea nell'esercito asburgico, valorosi e senza scrupoli. A Poor i prussiani riescono a sfuggire alla manovra di annientamento austriaca e la ritirata di Federico II viene imputata a Trenck, assai probabilmente per coprire altre responsabilità, forse perché nel circolo del Re Federico II milita Friedrich von der Trenck (1727-1794), cugino del comandante dei Panduri. Condannato a morte, la pena è commutata in ergastolo proprio da Maria Teresa. Viene rinchiuso nella famigerata prigione dello Spielberg, a Brno, che in Italia diventerà ancora più nota quando vi verranno detenuti i patrioti risorgimentali Silvio Pellico e Pietro Maroncelli. Oggi, non a caso, la via principale che conduce alla fortezza è intitolata proprio all'autore de "Le mie prigioni".

 

L'ergastolo, la conversione e l'eredità riparatoria

 

In riconoscimento dei trascorsi militari e del sangue nobile a Trenck sono concessi alcuni privilegi, tra i quali quelli di poter fare testamento, diritto concesso dall'imperatrice dopo che le sue condizioni di salute volgono bruscamente al peggio, ad appena sei mesi dall'imprigionamento. È allora che il barone dispone dei suoi beni in favore dei poveri e dei diseredati, della Chiesa e dei cappuccini, in cambio di una preghiera a settimana per la sua anima, e in parte al cugino Friedrich purché si converta al cattolicesimo e si impegni a non combattere più contro l'Austria militando nell'esercito prussiano. Friedrich, ovviamente, accetta. Nell'ultima fase della sua vita Trenck cerca di riparare alle atrocità sparse dai suoi Panduri e poco prima di morire destina un risarcimento di ben 30.000 gulden alla città di Marienburg che era stata messa a ferro e fuoco dalla sua soldataglia. La cripta dei cappuccini di Brno dal 1656 era destinata ad accogliere i frati e i benefattori. È qui che trova riposo il corpo dell'avventuroso barone, morto ad appena 38 anni. Il particolare sistema di ventilazione dei sotterranei consentiva la mummificazione dei cadaveri e ha permesso la conservazione dei corpi di più di 150 appartenenti all'Ordine e di una cinquantina di personaggi altolocati che si distinsero per opere di bene e di carità. Tra questi il “Diavolo” Franz von der Trenck, la cui mummia conservata in una teca di cristallo accoglie i numerosi visitatori all'ingresso.

 

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