La casa degli sguardi, Zingaretti porta sullo schermo una storia di rinascita

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AGI - "Racconto una storia di rinascita. È una storia che mi ha colpito molto e contiene tematiche a me care. Su tutte, la capacità di cadere e rialzarsi". Cosi Luca Zingaretti, al suo esordio alla regia, presenta al Festival del Cinema di Roma "La casa degli sguardi" tratto dal romanzo di Daniele Mencarelli. Una storia di rinascita, di grande amore fra un padre e figlio che sanno cercarsi, aspettarsi, aiutarsi proprio grazie al filo indistruttibile che li lega.

C'è un figlio borderline, preda dall'alcol, in difficoltà con la vita, dotato di un grande animo sensibile che si esplica attraverso la poesia, e un padre che dolcemente, senza esagerare, prova a indicare una strada, una soluzione, resta in attesa e fa vedere che comunque vada, lui c'è, sta lì, alla guida del tram che conduce per lavoro, che gira e rigira sui binari, metafora del suo esserci sempre. Con Luca Zingaretti, in veste di regista e attore nella parte del padre, c'è un bravo Gianmarco Franchini, figlio fragile che riesce a dare un senso alla sua vita prestando servizio in una squadra di pulizie dell'ospedale Bambin Gesù di Roma. Proprio il grande nosocomio sul Gianicolo è indiscutibilmente l'altro protagonista del film, con tutto il suo carico di umanità.

Sarà proprio il contatto con questo posto di cura, dolore, vita e morte ad aiutare il giovane. "Di questa storia - aggiunge Zingaretti - mi ha anche colpito che c'è possibilità di vedere la luce in fondo al tunnel. In una società come la nostra, dove il dolore è demonizzato, dove ci deve essere gioia e felicità a tutti i costi, il ragazzo capisce invece che il dolore va accolto, non va respinto. È la tattica per rimettersi in piedi, per continuare a vivere. E poi, il tema mi piaceva anche perché si poteva parlare di lavoro, di amicizia, amore". 

 

Franchini è Marcolino, ragazzo border, depresso e poeta, che si rifugia nell'alcol e che invitato terapeuticamente ad andare al lavoro, conosce dal vivo chi invece "combatte" per tenersi la vita ovvero, i piccoli pazienti. Con uno in particolare, instaura un buffo rapporto di amicizia. "Libro e sceneggiatura sono bellissimi - afferma il giovane attore - ho sentito subito un legame con il mio personaggio anche se era complicato. Il modo di pensare di Marcolino è particolare. Gli è stata diagnostica la borderline, la depressione.

Ma Marcolino è una persona che ha l'animo puro, ha paura del mondo e che possa intaccarlo. La poesia per lui è un'ancora che gli consente di vedere il mondo in un modo diverso. Ognuno fa le sue scelte in base alle emozioni che prova. In questo viaggio meraviglioso che è la vita, se togliamo le emozioni e la poesia allora non c'è un senso". Zingaretti riflette sul mal di vivere dei ragazzi di oggi, che "è superiore al nostro. Questo è un mondo che cambia troppo in fretta, e il peggio deve ancora venire con l'intelligenza artificiale. Un cambiamento che sembra rallentato solo per la politica".

Che tipo di padre è l'attore e regista nel film? "È un uomo legato della working class - dice Zingaretti - con solide credenze etiche. Non a caso fa il tranviere, uno che fa sempre lo stesso percorso quasi a indicare al figlio: tu sai dove trovarmi".

Il film è girato all'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, l'eccellenza italiana della pediatria. "Io sono romano - sottolinea Zingaretti - conosco quindi l'ospedale. C'è bellezza, anche grazie al posto incredibile dove si trova, con quel panorama di Roma, e c'è anche pesantezza per quello che si vede. Ma è il posto dove, varcata la soglia, ti senti al sicuro. Forse dipende dal fatto che si sta tutti vicini, tutti insieme, non lo so. O forse perché tu sai, che una volta dentro con un tuo problema, sei nel posto giusto per cercare di risolverlo. Per noi era importante che si testimoniasse questo e sono contento di averlo fatto".  

 

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