Il 'sudoku' dei partiti sul ReArm Europe

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AGI - Quello delle mozioni sul ReArm Europe appare sempre di più un rebus per abili solutori. Gli schieramenti sono, infatti, attraversati da sensibilità molto diverse fra loro che mettono in luce le distanze fra i partiti, anche all'interno delle singole coalizioni. Il voto, complice anche la visita dei reali d'Inghilterra domani alla Camera, slitta alla prossima settimana, ma le posizioni sono ormai definite, anche in virtù della quadra trovata all'interno del centrodestra su un testo unitario. Le opposizioni, invece, hanno deciso da giorni di marciare divise presentando ognuna la propria mozione. Si va dalla richiesta di accelerare sul piano di riarmo formulata da Azione, alla proposta di cancellazione del ReArm e della sua sostituzione con investimenti in sanità, lavoro, sostegno alle imprese e istruzione dei Cinque Stelle. In mezzo resta il Partito Democratico alle prese con lo scontro interno fra la maggioranza interna e l'ala riformista.

Uno scontro nel quale si riflettono anche le diverse posizioni in merito alle alleanze, soprattutto per quello che riguarda il dialogo privilegiato con i Cinque Stelle: fumo negli occhi dei riformisti dem. Ad esacerbare gli animi nelle ultime ore, è intervenuta la manifestazione promossa a Roma dai Cinque Stelle e che ha visto la partecipazione di decine di migliaia di persone (centomila per gli organizzatori). Al corteo erano presenti i leader di Avs, Fratoianni e Bonelli, una delegazione del Pd, ma non la segretaria. E Conte ha avuto buon gioco, dal palco e tra la folla, a rivendicare per il M5s la funzione di 'perno' dell'alternativa al governo di centrodestra, riaccendendo il dibattito nel Pd.

Per Andrea Orlando, esponente di primo piano della maggioranza che sostiene Elly Schlein, "andare sabato nella piazza organizzata dal M5S è stato un segnale di attenzione. Quella piazza parla anche al nostro mondo, c'erano volti e storie che abbiamo visto tante volte nelle nostre manifestazioni. Ormai vedo un insistente boicottaggio del cosiddetto campo largo anche da pezzi del Pd. Allora discutiamone. Nel 2022 abbiamo visto la rottura con i 5 Stelle come è andata a finire". Un messaggio inviato ai riformisti dem che, con Pina Picierno, hanno duramente condannato le parole d'ordine della manifestazione. "Raccontare un'Europa matrigna che soffia sul fuoco della guerra, di un'Europa che affama, che si appresta a finanziare 27 eserciti nazionali, ignorare i massacri di Putin in Ucraina significa utilizzare ancora una volta il populismo come cifra", dice Picierno.

Non stupisce che la mozione del Pd cammini su quel filo che è l'accordo trovato nei gruppi dem il 18 marzo. "Si impegna il governo a collocare l'Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento", si legge nel testo della mozione. Oltre a questo, i dem impegnano il governo "a promuovere una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla Presidente von der Leyen". È su queste due parole, "radicale revisione", che punta la segretaria Pd per tenere il partito sulla linea della critica al ReArm e, contemporaneamente, non allontanarlo dalla famiglia dei socialisti europei.

Nella mozione, poi, si ribadisce "la ferma contrarietà all'utilizzo, ancorché facoltativo, dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". Netta la contrarietà di Alleanza Verdi e Sinistra che, nella loro mozione, impegnano il governo "a interrompere il sostegno al piano di riarmo europeo" e a impegnarsi "affinché l'Unione Europea ponga in essere una urgente iniziativa politica e diplomatica con il coinvolgimento dell'Onu per una tregua nel conflitto russo-ucraino, finalizzata al raggiungimento di una pace stabile e duratura". E ancora: "a lavorare in sede di Consiglio europeo per non consentire nessuna deroga finalizzata all'utilizzo dei fondi di coesione per finanziare l'acquisto o la produzione di armamenti".

Dello stesso tenore il documento del M5s: "Non proseguire nel sostegno del piano di riarmo europeo ReArm Europe/Readiness 2030" e sostituirlo con un piano di rilancio degli investimenti su "spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all'occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l'economia dell'Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile". Agli antipodi la risoluzione di Più Europa che impegna l'esecutivo a sostenere il ReArm "attivandosi nelle sedi opportune affinché le risorse messe in campo siano orientate fin da subito alla realizzazione di una difesa comune europea, da realizzarsi definendone al più' presto l'architettura istituzionale, in particolare secondo strumenti di politica estera comune che in primo luogo superino il potere di veto dei singoli Paesi membri".

In prima linea nel sostegno al piano di riarmo europeo è anche Azione che impegna il governo a "innalzare entro il 2025 le spese per la difesa dell'Italia al 2% del Pil" e a "partecipare attivamente, in base al piano Rearm Europe e al programma European Defence - Readiness 2030", alla "costruzione di un sistema di difesa europea e di progressiva integrazione politica, industriale e militare tra gli Stati membri, favorendo il ripristino di un rapporto sempre piu' stretto con il Regno Unito, al fine di contrastare le incombenti minacce alla libertà e sicurezza dell'Europa".

Lunga e articolata la proposta di Italia Viva: promuovere attivamente l'attuazione del ReArm Europe; favorire lo sviluppo di piattaforme militari comuni; superare il diritto di veto in materia di politica estera in Ue; puntare agli Stati Uniti d'Europa; creare campioni europei in settori strategici, in linea con le indicazioni del Rapporto Draghi".

Fumata bianca nel centrodestra sulla mozione unitaria

Nella mattinata di martedì, aveva agitato le acque del la maggioranza l'annuncio di una mozione solo leghista contro il ReArm Ue e per una rinegoziazione del Green deal. Il partito di via Bellerio ha precisato che il testo sarà presentato in votazione in tutti consigli comunali e al Parlamento europeo, mentre a Roma avrebbe rappresentato uno spunto di riflessione con gli alleati per arrivare a una sintesi comune all'insegna del buonsenso e della critica costruttiva alla burocrazia europea. Nel testo, il partito guidato da Matteo Salvini impegnava il governo a "rappresentare in ogni sede opportuna, la propria ferma opposizione all'attuazione del piano ReArm Europe" chiedendo che le risorse previste siano invece indirizzate verso altre priorità di interesse pubblico.

Nel fare questo, la Lega esprimeva "ferma opposizione", oltre a proporre l'avvio di una negoziazione con le istituzioni europee "volta a ridefinire gli obblighi e le limitazioni imposti dal green deal". Nel pomeriggio, i partiti di centrodestra hanno trovato la quadra su un testo che non cita il piano di 'Readiness 2030', su cui le sensibilità nella maggioranza restano diverse e potrebbero di nuovo emergere quando in Europa si stringerà sul piano. Nella mozione si impegna il governo "a continuare, nel rispetto degli indirizzi del Parlamento, a sostenere l'Ucraina per tutto il tempo necessario, fermo restando l'auspicio di una rapida conclusione dei negoziati di pace" e "a operare, in ogni sede internazionale e con ogni strumento diplomatico, affinché si giunga nel più breve tempo possibile a un cessate il fuoco e a una pace duratura sul territorio ucraino".

Un confronto su più punti

In un primo momento, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, nel testo si faceva riferimento a una generica possibilità di una partecipazione italiana a un contingente di pace. La sintesi e' stata trovata aggiungendo la condizione che questo si verifichi sotto egida Onu. Nel documento si sottolinea poi che la partecipazione dell'Italia alle alleanze internazionali, "con particolare riferimento all'Alleanza Atlantica, costituisce un pilastro della politica estera e di sicurezza nazionale, e impegna il nostro Paese al rispetto degli obblighi derivanti, anche in termini di investimenti e sviluppo di capacita'".

E si spiega che in base agli accordi assunti proprio dalla Nato "almeno il 2 per cento delle spese per la difesa rispetto al Pil; 20 per cento della quota del budget della difesa da destinare agli investimenti; un contributo a missioni, operazioni e altre attività". Infine si rimarca che al vertice previsto a giugno all'Aja "sarà presumibilmente presentata da parte del Segretario Generale una nuova proposta sulla percentuale di spesa per la difesa, che dovrebbe superare l'attuale soglia minima del 2 per cento del Pil".

 

 

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