AGI - Per decenni lo abbiamo chiamato DNA "spazzatura", quasi a voler ignorare quella vastissima porzione del nostro genoma, circa il 98%, che non contiene geni. Oggi, però, la scienza ci dice che in quel vuoto apparente si nascondono i segreti di alcune delle malattie più complesse al mondo, tra cui il morbo di Alzheimer.
Una ricerca rivoluzionaria pubblicata su Nature Neuroscience dai ricercatori della UNSW Sydney ha gettato luce su questo mistero, identificando gli "interruttori" che controllano il funzionamento degli astrociti, cellule fondamentali che supportano i nostri neuroni e che giocano un ruolo cruciale nella degenerazione cerebrale.
Il DNA non codificante
Se i geni (che rappresentano solo il 2% del nostro DNA) sono i "mattoni" del corpo, il restante 98% funge da complessa centralina elettrica. Contiene infatti i cosiddetti potenziatori (enhancer), stringhe di DNA che decidono quando e quanto intensamente un gene debba attivarsi. Il problema è che questi interruttori possono trovarsi a distanze enormi dai geni che controllano, rendendo la loro mappatura un’impresa titanica.
La ricerca australiana
Il team guidato da Nicole Green e da Irina Voineagu ha accettato la sfida, analizzando quasi 1.000 potenziali interruttori in astrociti umani coltivati in laboratorio. Utilizzando la tecnologia CRISPRi, uno strumento di precisione che permette di "spegnere" sezioni di DNA senza tagliarlo, i ricercatori hanno scoperto che circa 150 di questi interruttori influenzano direttamente l'espressione genica. La sorpresa più grande è stata scoprire che una gran parte di questi controlla proprio i geni legati all'Alzheimer.
Implicazioni per la medicina
"Passare da 1.000 candidati a 150 interruttori reali restringe drasticamente il campo di ricerca", ha spiegato Green. La dottoressa Voineagu sottolinea che, quando si cercano le cause di malattie come il diabete, l'ipertensione o l'Alzheimer, le mutazioni genetiche si trovano spesso "nel mezzo", ovvero in quelle regioni non codificanti finora poco esplorate.
"Non stiamo ancora parlando di cure immediate", chiarisce, "ma non puoi riparare un impianto se non ne capisci prima lo schema elettrico. Questo studio ci offre finalmente una visione profonda dei circuiti di controllo negli astrociti".
IA e medicina di precisione
Il lavoro certosino del team australiano ha già attirato l'attenzione dei giganti della tecnologia. I dati raccolti sono stati utilizzati per addestrare modelli di intelligenza artificiale, tra cui AlphaGenome di Google DeepMind, per prevedere il comportamento del DNA in futuro, risparmiando anni di test in laboratorio.
La vera speranza risiede nella medicina di precisione. Poiché questi interruttori sono specifici per certi tipi di cellule, in futuro potremmo essere in grado di agire solo sugli astrociti malati senza toccare i neuroni sani. Un approccio che ha già avuto successo nel trattamento di alcune malattie del sangue, come l'anemia falciforme, e che ora punta dritto al cuore delle patologie del cervello.
Conclusioni
La strada verso una cura per l'Alzheimer è ancora lunga, ma oggi, grazie a questa ricerca, sappiamo che la soluzione potrebbe non essere scritta nei geni, ma tra le righe di quel DNA che per troppo tempo abbiamo considerato inutile.







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