Il M5s tira dritto, ora la coalizione per l'Emilia Romagna è un rebus

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AGI - Il giorno che segue alla certificazione "il campo largo non esiste più", per Giuseppe Conte è scandito da una fitta sequela di riunione con i suoi, parlamentari e dirigenti di primo piano del Movimento 5 Stelle. Riunioni che l'ex premier tiene a cadenza regolare, ma che oggi hanno avuto all'ordine del giorno anche la 'scossa' data al centrosinistra.

Conte ne ha ricavato, riferisce chi era presente alle riunioni, una "totale compattezza" del ceto dirigente M5s. D'altra parte il leader del Movimento non poteva aspettarsi nulla di diverso: l'abbraccio con il renzismo è visto da sempre come lo 'spettro' da evitare, tanto dal gruppo dirigente quanto dalla base del movimento che ha avuto modo di esprimersi sul punto durante la prima fase della Costituente.

"Sì con il Pd, mai con Renzi", è la sintesi delle posizioni ricavabile dalla lettura dei contributi lasciati sulla piattaforma online messa a disposizione da M5s. E se Italia Viva fa sapere che il suo simbolo sarà presente sulla scheda elettorale accanto al nome di de Pascale, la coalizione che sostiene il sindaco di Ravenna nella corsa alla Regione torna in bilico. Dal M5s sottolineano che l'eco delle parole di Giuseppe Conte sulla fine del campo largo non cambiano i termini dell'accordo nella Regione. Che, si sottolinea, escludevano per il centrosinistra il sostegno di Italia Viva, e del suo simbolo, a De Pascale.

Ora, dopo che i renziani hanno annunciato che saranno presenti sulla scheda, la passa torna al candidato, rimarcano ancora dal Movimento. "Esiste una politica anche senza Renzi", sottolinea il capogruppo M5s alla Camera, Francesco Silvestri. "Le opposizioni hanno fatto progetti interessanti su autonomia, salario minimo, reddito di cittadinanza e molto altro. Non credo che senza Renzi non ci sia una vita, anzi, al contrario, penso che senza di lui il campo progressista sia molto più coerente. Non abbiamo bisogno di una persona che, non avendo più molta credibilità, cerca il cavallo su cui salire per poi provare a buttarlo giù il secondo dopo", aggiunge Silvestri.

Nel frattempo, però, non si ferma il flusso di reazioni del Partito Democratico alla presa di posizione del capo del Movimento. Reazioni che sembrano voler sminuire quello che per Campo Marzio è un limite politico invalicabile: "è gravissimo che dopo avere posto dei temi politici riguardanti la nostra totale incompatibilità con Matteo Renzi, dalla dirigenza dem venga tutto derubricato a 'polemiche' e 'giochini'".

Non solo. Dai vertici M5s si fa presente che non è per le scelte del Movimento che ci si è ritrovati, ancora una volta, a dividersi sul leader di Italia Viva. Piuttosto, è il ragionamento, ad aver riportato Matteo Renzi al centro della scena è stato chi "non ha avuto il coraggio di sbattere la porta in faccia" all'ex rottamatore. Un riferimento nemmeno troppo velato a Elly Schlein e alle "non poniamo veti nè li accettiamo da altri" pronunciate dalla segretaria dem a inizio estate. Una apertura, per i Cinque Stelle, grazie alla quale Renzi è entrato di fatto nel perimetro del centrosinistra utilizzando le regionali come porta di servizio della coalizione a livello nazionale.

Al contrario, i Cinque Stelle ribadiscono la loro alterità da Italia Viva e dalla stagione del renzismo. Un dirigente M5s di primo piano, poi, sottolinea come alla base di questa distanza non ci siano ragioni personali o ideologiche, ma temi concreti. Da una parte il Jobs Act di Renzi e, dall'altra, il reddito di cittadinanza; le conferenze all'estero di Renzi e la legge sul conflitto di interessi chiesta dal M5s; il Jobs Act di Renzi e il salario minimo. Temi che pesano e di fronte ai quali, osservano i Cinque Stelle, "Schlein fa spallucce, ma i tema non è Conte, quanto capire che l'alternativa a Meloni non si costruisce con un lavoro di mera sommatoria". 

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