AGI - C'è ancora spazio per parlare di giustizia, rispetto, perdono, amore. E c'è ancora voglia di ascoltare. Lo dimostra il successo di "I 10+2 Comandamenti", il progetto firmato da don Marco Pozza e prodotto da Rai Documentari in collaborazione con Officina della Comunicazione, che oggi ha ricevuto il Premio Moige 2025, nell'ambito della XVIII edizione della guida "Un anno di zapping e di streaming". A ritirare il riconoscimento, nella Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera, Luigi Del Plavignano, direttore di Rai Documentari.
Direttore, cosa significa per lei questo premio?
È un riconoscimento che ci onora. Non solo perché viene da un osservatorio serio e sensibile come il Moige, ma perché arriva per un progetto che ci rappresenta profondamente. Fare servizio pubblico oggi non vuol dire soltanto informare o intrattenere. Significa anche proporre contenuti che facciano pensare, che mettano in circolo valori, che parlino alle famiglie. E "I 10+2 Comandamenti" è tutto questo.
Come nasce l'idea di rileggere i comandamenti in chiave contemporanea?
Nasce dal desiderio di raccontare i valori senza prediche. Don Marco Pozza ha avuto l'intuizione giusta: partire da storie vere, vissute sulla pelle delle persone. Ogni puntata accosta due comandamenti e li attraversa attraverso testimonianze che parlano di vita, di errori, di riscatto. È un viaggio tra l'Italia e l'anima. La Bibbia non viene spiegata, ma incarnata. E questo arriva a tutti, anche ai ragazzi.
Un linguaggio semplice, ma mai semplificato. È questa la chiave?
Esatto. Parlare in modo autentico, senza artifici. Raccontare senza giudicare. Ci siamo rivolti alle famiglie, alle scuole, ma anche a chi magari non si sente più rappresentato da nessuna narrazione. Il risultato è un documentario che commuove, interroga, lascia il segno.
Crede che oggi ci sia ancora spazio per parlare di valori in TV?
Credo che ce ne sia bisogno più che mai. I valori non sono fuori moda, sono solo spesso raccontati male. Se trovi la giusta chiave, le persone ascoltano. I giovani ascoltano. Questo premio ce lo conferma. E per noi, in Rai Documentari, è uno stimolo a continuare su questa strada. Perché il servizio pubblico non deve solo riempire palinsesti. Deve provare a lasciare tracce.