AGI - La rivoluzione dell'intelligenza artificiale ha coinvolto da tempo l'industria degli smartphone, ma la sua vera 'democratizzazione', ossia l'accessibilità anche su device di fascia medio-bassa sembrava di la' da venire. Fino all'arrivo sul mercato di DeepSeek, l'IA cinese sviluppata in pochi mesi e con solo sei milioni di euro utilizzando microprocessori non di ultima generazione. Esattamente l'approccio opposto a quello avuto finora dai colossi occidentali e che ricorda molto un'altra offensiva 'da oriente': quella degli smartphone con grandi prestazioni a prezzi contenuti, iniziata ormai una decina di anni fa. Verrebbe da pensare che ci sia una singolare coincidenza tra il lancio di DeepSeek e quello di un flagship cinesi di fascia alta come la serie Magic7 di Honor, la casa cinese nata da una costola di Huawei. "Tante cose che stanno succedendo sembrano correlate" dice Piergiorgio Furcas, direttore commerciale di Honor "ma non nascondo che, nonostante l'esplosione di interesse, per diversi motivi l'IA fa ancora fatica a decollare nell'ambito degli smartphone". Il principale è il costo. Altri produttori come Samsung e Apple o l'altro colosso cinese, Oppo, hanno investito molto nell'IA per gli smartphone di punta, ma fino a ora si è trattato di gadget divertenti e dall'impatto trascurabile, come la 'gomma intelligente' che elimina un soggetto indesiderato da una foto o - ed è il caso del Magic7 Pro - il superzoom per estendere all'inverosimile la capacita' di ingrandimento della fotocamera. Ma, si domanda lo stesso Furcas, "sono funzioni per le quali un utente sarebbe disposto a pagare un canone mensile?".
Ed è qui che si presenta il vero nodo dell'utilizzo dell'IA nei device: chi paga? "Bisogna identificare quale direzione prendere" spiega Furcas, "capire cosa vuole l'utente finale, perché certi livelli di intelligenza artificiale costano: costano le partnership (come quella con Google) e costano i chipset. Le applicazioni dell'IA possono essere veramente tante e scegliere quali sviluppare non e' facile. Un po' si ascolta il cliente, un po' di va a tentoni". - Un settore 'evergreen' è quello della fotografia. "L'interesse dell'utente finale per la fotocamera è ancora altissimo" dice Furcas, "Oggi c'è ancora una grande fetta di clientela che pensa che il comparto fotografico debba essere al top". A breve però arriverà in Italia una funzione veramente rivoluzionaria alimentata dall'IA: il riconoscimento del deep fake. Nasce dall'esigenza di sventare un tipo di truffa molto diffusa in Cina: i criminali creano il clone digitale di una persona reale e la usano per interagire in videochiamata. La vittima di turno - che sia un nonno o un dipendente - è convinta di parlare con una persona reale - un nipote o il capo - e cade nella trappola. È una versione avanzata della 'truffa del nipote' che in Italia conosciamo bene, ma ancora più insidiosa perché gioca su un'immagine che sembra reale.
Honor ha messo a punto sul Magic7 un sistema che, basato sull'IA, avverte se si tratta di un'immagine finta. Perché nessuno meglio dell'IA puo' 'sgamare' i trucchi dell'IA. Una tecnologia che si potrebbe applicare in tantissimi ambiti: ad esempio per distinguere sui social una foto vera da una taroccata. "Ma a oggi finirebbero per essere marchiate come fasulle quasi tutte le foto che troviamo sui social" avverte Furcas, "per questo e' importante stabilire quale livello di alterazione di un'immagine la trasforma in una falsificazione". L'interesse del pubblico per l'intelligenza artificiale cresce, ma costa e per questo non è ancora accessibile alla gran parte della massa. "Una delle discussioni fatte nel 2024 è stata proprio questa" ammette Furcas, "Un servizio deve dare qualcosa di veramente importante perché qualcuno sia disposto a pagare come si paga, ad esempio, un servizio di streaming". Oppure, ed è l'alternativa che si è profilata nelle ultime ore, bisogna trovare un'intelligenza artificiale a basso costo. Proprio come DeepSeek.