AGI - La percentuale di bambini nati con un'anomalia cardiaca congenita è aumentata del 16% dopo il primo anno di pandemia Covid-19, suggerendo un legame tra pandemia e disturbi cardiaci nei bambini. Lo rivela una ricerca condotta presso il City St George's dell'University of London, pubblicata oggi su Ultrasound in Obstetrics and Gynecology. I difetti cardiaci sono il tipo più comune di anomalia che si sviluppa prima della nascita di un bambino, con circa 13 bambini a cui viene diagnosticata una cardiopatia congenita ogni giorno nel Regno Unito e che colpisce una nascita su 110 a livello globale.
Tra questi rientrano difetti alle valvole cardiache del bambino, ai principali vasi sanguigni all'interno e attorno al cuore e lo sviluppo di buchi nel cuore. I ricercatori hanno analizzato i dati dei certificati di nascita statunitensi del Centre of Disease Control and Prevention, CDC, tra dicembre 2016 e novembre 2022, che hanno coinvolto oltre 18 milioni di nascite, per valutare l'effetto della pandemia sul numero di bambini nati con un difetto cardiaco congenito. Gli scienziati hanno confrontato il numero di bambini nati con una cardiopatia congenita ogni mese prima della pandemia Covid-19, con quelli durante la pandemia.
I dati sono stati poi confrontati con il numero di bambini nati con sindrome di Down, una condizione genetica non influenzata dal virus. Ciò è servito per accertare se eventuali differenze osservate potessero essere dovute al Covid-19 o se fossero il risultato di altri fattori, tra cui l'accesso limitato ai servizi prenatali durante la pandemia. Sono stati analizzati un totale di 11.010.764 nascite prima e 7.060.626 nascite durante la pandemia. I dati sono stati aggiustati per tenere conto dell'IMC, del diabete e della pressione sanguigna della madre prima della gravidanza, dell'età, del numero di volte in cui aveva partorito e della stagione in cui era iniziata l'assistenza prenatale.
Il numero di nascite con una cardiopatia congenita è aumentato del 16% dopo il primo anno di pandemia, con 65,4 casi ogni 100.000 nati vivi rispetto ai 56,5 ogni 100.000 nati nel periodo studiato prima della pandemia. I dati relativi ai bambini nati con sindrome di Down non hanno subito variazioni per tutta la durata dello studio, il che suggerisce che l'aumento dei difetti cardiaci fetali non era dovuto a un'interruzione dei servizi sanitari. “Lo studio di questo ampio set di dati statunitense ha rivelato un quadro inaspettato su come la pandemia ha colpito i cuori dei bambini non ancora nati, ma dobbiamo districare le ragioni di questo collegamento”, ha detto Asma Khalil, autrice principale e professoressa di ostetricia e medicina materno-fetale presso la City St George's all'University of London.
“Dobbiamo determinare se il virus SARS-CoV-2 causa direttamente lo sviluppo di problemi cardiaci fetali durante la gravidanza e, in tal caso, come il virus apporta questi cambiamenti nel cuore”, ha continuato Khalil. “Non abbiamo questo tipo di set di dati disponibile nel Regno Unito, ma è importante vedere se questo schema si riscontra in altre parti del mondo”, ha sottolineato Khalil. “Il Covid-19 è ancora in circolazione ed è più facile da contrarre nei mesi invernali”, ha aggiunto Khalil. “Questi risultati fungono da importante promemoria per le donne incinte affinché si vaccinino contro il Covid-19 per aiutare a proteggere se stesse e il loro bambino”, ha concluso Khalil.