Verdone spiega come 'sopravvivere' all'amore dei fan

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AGI - Carlo Verdone intervistato dall'AGI alla Festa del cinema di Roma in occasione della presentazione della quarta stagione di 'Vita da Carlo', dal 28 novembre su Paramount+, racconta com'è difficile 'sopravvivere' all'amore dei fan.

"Nella mia vita vera, per fortuna, non mi è mai capitato di dover fuggire da qualcosa. Al massimo mi concedo quattro o cinque giorni in campagna per riposarmi", rivela Verdone, alludendo alla casa in Sabina dove ha raccontato di essere stato concepito ("L'ho scoperto leggendo delle lettere dei miei genitori").

"Può capitare che ci siano giornate in cui arrivo a sera esausto, soprattutto se vado in posti molto affollati - spiega ancora - l’aeroporto e la stazione, ad esempio, sono i luoghi peggiori: se arrivi all’ultimo minuto per prendere un treno o un aereo, non ne esci più. Appena dici “scusate, mi sta partendo il treno” scatta subito la parolaccia, la foto, il “dai un attimo solo”, e tu resti lì".

"Però, sinceramente, ringrazio Dio - spiega Verdone - sono quarantott’anni che lavoro e la gente ancora vuole una foto, un saluto. Mi riempie di gioia, sono contento per loro e anche per me. Non è una cosa antipatica - aggiunge - lo diventa solo a fine giornata quando sono troppi e non riesci a vedere nulla del posto dove sei stato invitato. In certe città che ho visitato per premi o conferenze, le ho viste solo di notte o la mattina prestissimo".

Nella serie, a un certo punto, un produttore dice che il cinema in sala è finito e che ormai i film si fanno solo per le piattaforme. Carlo Verdone, malgrado il suo prossimo film 'Scuola di seduzione' sarà solo per piattaforma (ancora Paramount+, prodotto da Aurelio e LKuigi De Laurentiis) non crede che le sale siano desti nate a chiudere.

"Speriamo proprio di no, che il cinema in sala non sia finito - dice all'AGI - certo, è vero che oggi entra meno pubblico, ma dipende anche dai film che si fanno. Se mancano le belle storie, è ovvio che la gente non va. Le piattaforme ci hanno dimostrato che si possono realizzare opere di grande qualità, anche molto lunghe, ma con una cura straordinaria. Il cinema, invece, deve concentrarsi in un’ora e tre quarti, due ore al massimo: lì sta la sfida.
Dobbiamo aumentare la qualità delle nostre storie, renderle più affascinanti e intriganti per il pubblico. E chi fa commedia deve saper usare l’ironia con buon gusto, anche per raccontare momenti difficili, fragilità e tic del nostro tempo.

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