Tregua in Aula sul piano Usa per Gaza, ma fuori esplode lo scontro politico

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AGI - I toni sono duri, aspri. E non mancano le accuse reciproche, anche pesanti. Ma, fatta eccezione per un breve momento in cui la tensione sale nell'emiciclo durante il dibattito sulle comunicazioni del ministro degli Esteri Tajani, per il resto della lunga mattinata l'Aula non si trasforma in un ring, come spesso avvenuto negli ultimi mesi. E, anzi, sembra fare da palcoscenico a una sorta di 'tregua', seppur armata e a tempo, perché limitata al voto sul piano Usa su Gaza contenuto in una delle due risoluzioni di maggioranza. Piano che non convince il 'campo largo', ma contro il quale nessuno vota a sfavore.

La scelta di mediazione è l'astensione: Pd, M5s e Avs pigiano il bottone bianco e non quello rosso. Bottone che viene invece premuto dal centrodestra che boccia il testo presentato da dem, pentastellati e rossoverdi. Alla fine, quindi, la mossa della maggioranza di presentare due diverse risoluzioni (una più lunga e 'politica', in cui tra i primi punti figura il si' condizionato al riconoscimento dello Stato di Palestina, preannunciato a New York dalla stessa premier, e l'altra con il solo sostegno al piano di Trump su Gaza) raggiunge l'obiettivo: se non l'unanimità chiesta dalla presidente del Consiglio, l'Aula comunque non si spacca.  Nessun voto contrario, astensione di Pd, M5s e Avs e il si' aggiuntivo di Azione - che controfirma il testo della maggioranza rivendicandone la paternità - Italia viva e Più Europa.

Ma la fotografia della giornata fuori dal palazzo ha molti più chiaroscuri: se è vero infatti che nessun 'incendio' è scoppiato in Aula, è altrettanto vero che a infiammare il clima e suscitare la protesta delle opposizioni ci pensano le parole pronunciate da Giorgia Meloni da Copenaghen. Tanto che gli interventi in Aula dei leader di Pd, M5s e Avs sono durissimi proprio nei confronti della presidente del Consiglio. Che, mentre il titolare della Farnesina sta svolgendo le sue comunicazioni invitando tutte le forze politiche a non dividersi sui principi e gli obiettivi della pace in Medio Oriente e la soluzione di due popoli in due Stati, va giù dura: "Il popolo italiano affronterà nei prossimi giorni diversi disagi per una questione che mi pare c'entri poco con la vicenda palestinese e c'entri molto con le questioni italiane: mi sarei aspettata che" i sindacati "non avessero indetto uno sciopero generale di venerdì, perché il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme", attacca la premier criticando lo sciopero generale indetto per domani da Cgil e Usb dopo l'abbordaggio delle navi della Flotilla. Meloni ne ha anche per le opposizioni: "Davvero non comprendo" il no al voto unitario "perché ricordo che c'è stato un sostegno di questo piano da parte dei Paesi europei, dei Paesi arabi, dell'Autorità nazionale palestinese e quindi rimane solo la sinistra italiana che evidentemente ha delle posizioni più radicali". E le opposizioni insorgono. 

Le opposizioni: "Politica estera subalterna a Trump"

Tra gli interventi più duri quello di Giuseppe Conte che bolla come "disonorevole e sconcia" la politica estera del governo, subalterna a Trump e per questo ondivaga. Ma, soprattutto, il leader M5s torna ad accusare la premier e il suo esecutivo, "imbelle e codardo", di essere rimasti "indifferenti" di fronte al genocidio a Gaza. E rivolgendosi a Meloni affonda: "è aggressiva perché non può sopportare che dei semplici cittadini, indignati di fronte a tanto orrore, hanno preso coraggio e con la loro dignità hanno detto basta". Dunque, Conte rispedisce al mittente l'appello all'unità, "suona ridicolo. Ma a quale unità vi appellate? Possiamo condividere il vostro operato che ci espone alla vergogna storica?".

Non le manda a dire nemmeno la segretaria del Pd: "Giù le mani dal diritto di sciopero. L'Italia è migliore di chi la governa in questo momento", attacca Elly Schlein, che incalza: "Presidente Meloni, molli la clava e provi a fare la Presidente del Consiglio di questo Paese". Quanto all'appello all'unità, "con quale ipocrisia venite qui a fare finti appelli mentre Meloni ci accusa di essere contro la pace? Dove si parla di pace noi ci siamo e ci siamo sempre stati. Voi per parlare di pace avete aspettato il permesso di Trump".

Insomma, per Schlein "lo Stato di Palestina si riconosce o non si riconosce. Non esiste un riconoscimento condizionato". Infine Nicola Fratoianni: "La presidente del Consiglio ha ricominciato ad attaccare a mani basse le opposizioni, le studentesse e gli studenti, la società civile, tutti quelli che hanno cercato con dignità e con disciplina e onore di disobbedire al silenzio, all'ignavia e al rischio di abituarsi all'orrore. Meloni ha rivelato la natura strumentale del suo appello".

Tirando le somme, nonostante l'incendio accesso dalle parole della premier, per i tre partiti di opposizione il piano Trump non va bene ma se può servire ad aprire spiragli, allora non si può bocciare. La maggioranza non va al contrattacco. La linea è di non cadere nelle provocazioni. Nessuna protesta in Aula nè replica al vetriolo. Toni bassi, seppur critici, con qualche stoccata che si concede solo il capogruppo leghista Molinari, che mette in guardia dal rischio di soffiare sul fuoco per meri "calcoli elettorali".

"C'era una idea di trovare una non contrapposizione su una vicenda drammatica in corso in questo momento", dice ad esempio il sottosegretario Mantovano, riferendosi al dibattito in Parlamento. Il 'copione', poi, si ripete al Senato, compreso il voto sulle risoluzioni. 

 

 

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