Schlein vede l'alternativa. Ai referendum la 'Faglia' Jobs Act per i riformisti del Pd

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AGI - Cinque Sì, dice Elly Schlein. Cinque Sì, le fa eco Roberto Gualtieri. E con il sindaco di Roma una ottantina (ma la lista è in aggiornamento) sindaci che hanno sottoscritto l'appello per spingere la partecipazione al referendum. Tra questi, anche alcuni primi cittadini ascrivibili alla minoranza dem, come Stefano Lo Russo, fascia tricolore a Torino ma, soprattutto, coordinatore dei sindaci Pd. O Beppe Sala, sindaco di Milano, 'indipendentè all'interno della galassia Pd, ma pur sempre una personalità legata alla stagione renziana, quella che ha prodotto il Jobs Act, croce e delizia del Pd.

Croce della maggioranza di sinistra, delizia della minoranza riformista, si intende. Parlare di crepe, avverte pero' un esponente riformista, è azzardato. Anche perchè la minoranza dem ha già manifestato al suo interno diverse sensibilità sul punto. La riunione di Energia Popolare di due settimane fa aveva già fatto capire che Stefano Bonaccini non avrebbe seguito il gruppo dei riformisti sulla linea della difesa a oltranza del Jobs Act.

Quello che sembra certo è che la crepa tra la segretaria e un pezzo della sua minoranza sembra diventata ormai una faglia: lo zoccolo duro dei riformisti - da Pina Picierno a Lia Quartapelle, passando per Marianna Madia e Simona Malpezzi - ha prodotto la lettera appello a Repubblica in cui si annunciava, di fatto, l'astensione sui tre quesiti riguardanti il Jobs Act. Intanto, pero', è intervenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a dire che l'astensione al referendum è legittima. E, dopo di lui, addirittura il presidente del Senato, Ignazio La Russa.

La battaglia per la partecipazione

E così la battaglia per la partecipazione al referendum si è polarizzata: da una parte il centrodestra 'astensionistà, dall'altra il centrosinistra. Da qui, spiegano fonti parlamentari dem, la forza con cui Schlein è tornata a rivendicare "Cinque sì", anche contro quelli che chiama "gli errori del centrosinistra sul lavoro e sulla cittadinanza".

Di più: quei cinque sì sono un atto dovuto se, dice Schlein citando un meme, "chi tiene il busto di Mussolini in casa ti invita a non andare a votare". È proprio quello, "il momento per far vivere la nostra Costituzione antifascista come tutti e tutti noi". Parole nette, che qualcuno nel Pd collega all'ultimo 'strappo' del fronte riformista: il varo, a Milano, del "Circolo Matteotti", presentato come circolo non partitico, ma che raccoglie i riformisti di Pd, Azione e Italia Viva. Il primo nucleo di un soggetto riformista di centro? Matteo Renzi e alti esponenti di Italia Viva sembrano ammiccare a questa ipotesi.

L'ex premier aveva già fatto appello ai riformisti Pd: "Ma che ci fate ancora là dentro? Stanno cambiando posizione su tutto. Venite con noi a costruire la casa dei riformisti".

E poco prima che Elly Schlein facesse la sua apparizione accanto a Maurizio Landini, il leader di Italia Viva è comparso in diretta social assieme all'ex parlamentare Pd Tommaso Nannicini, considerato uno dei padri del Jobs Act, per difendere la sua 'creatura'. Ma come prima cosa, l'ex premier lancia un messaggio diretto a Piazza Vittorio: "Andare a votare è sempre un dovere, ma nel caso del referendum chi non vuole andare a votare ha tutto il diritto di farlo perché contribuisce a non far scattare il quorum".

Schlein glissa su Renzi, per concentrarsi su quello che accade al di qua della faglia con i riformisti: il centrosinistra a quattro, con l'aggiunta di Piu' Europa al 'tridentè Pd-M5s-Avs sembra compattarsi proprio sul referendum e contro gli appelli all'astensione.

"Felice di essere qua con tante altre forze di opposizione, uniti in questa battaglia, con associazioni e organizzazioni sindacali", dice Schlein: "Una alternativa esiste". E questo nonostante i distinguo non manchino nemmeno sui quesiti referendari, come quello dei Cinque Stelle sulla cittadinanza: "Siamo convinti che nel nostro paese lo Ius Scholae sia la soluzione. Il dimezzamento da 10 a 5 anni" per ottenere la cittadinanza italiana "ci lascia un po' perplessi, riteniamo che non sia agevole da convincere la maggioranza, rischiamo di affossare una battaglia giusta", avverte Giuseppe Conte.

 

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