Quando l'Austerity entrò nelle case e riempì le strade di bici e pattini a rotelle

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AGI - Dallo choc petrolifero a quello sulle abitudini. Si usò una parola inglese, austerity, in un'epoca in cui non si erano ancora rotti tutti gli argini della lingua italiana, probabilmente per rendere più accettabili le rinunce domenicali e festive alle automobili, e a cinema e teatro in orari notturni, alle luci e a quanto della quotidianità dipendeva dal consumo di petrolio: il fabbisogno energetico dell'Italia era legato per oltre il 60% agli oli minerali.

 

L'austerità fu una cura da cavallo alla febbre che arrivava dalla guerra del Kippur, quando il 6 ottobre Egitto e Siria attaccarono Israele per distruggerlo, ma vennero sconfitti in meno di tre settimane e l'Occidente si trovò a pagare i conti del costo del greggio schizzato verso l'alto per il vortice innescato dai Paesi produttori dell'Opec che raddoppiarono il prezzo e diminuirono del 25% l'export.

 

Il 2 dicembre 1973, prima domenica dell'ultimo mese dell'anno, oltre dodici milioni di automobili rimasero parcheggiate nei garages o sulle strade. Anche le auto blu rimasero ferme, come diede l'esempio il presidente della Repubblica Giovanni Leone, che si mostrerà alla Festa dell'Immacolata in piazza di Spagna con la carrozza a cavalli presidenziale, e così Papa Paolo VI. 

  

I prezzi del petrolio schizzati verso l'alto e le ricadute sulla quotidianità 

  

Il consiglio dei ministri del governo presieduto dal democristiano Mariano Rumor si era riunito il 22 novembre e in una seduta-fiume aveva varato a tarda notte un pacchetto di misure conseguenza della crisi petrolifera che sarebbe stato ufficializzato l'indomani: divieto di circolazione dei mezzi privati nei giorni festivi, con megamulte che arrivavano al milione di lire (il prezzo di una utilitaria), spegnimento notturno delle grandi insegne luminose, taglio della programmazione televisiva, con la Rai costretta a sospendere le trasmissioni alle 22.45, tre quarti d'ora dopo cinema e teatri L'invito esplicito era di restare a casa e limitare i consumi. Rumor, nel proclama rivolto agli italiani attraverso la tv, il 30 novembre aveva usato parole nette: «Dovremo usare meno l'automobile e di più i servizi pubblici, dovremo abbassare il termostato del riscaldamento, nelle case e negli uffici, nel mio come nel vostro. Dove basta una lampada cerchiamo di non usarne due. Occorre però avere chiaro che l'epoca delle energie a basso costo e abbondanti è tramontata». Domenica 2 dicembre la gente scese in piazza e nelle strade, non per protestare ma per testare un nuovo modo di vivere la città: a piedi, in bicicletta, con i pattini. Il prezzo della benzina, che era fissato dallo Stato ed era uguale dappertutto, avrebbe superato le 200 lire al litro dalle 150 di prima della crisi: per quel che vale il raffronto, circa 1,25 euro attuali. C'era un'autentica penuria di carburanti e la domanda in inverno cresceva per assicurare il riscaldamento alle abitazioni, alimentato dal gasolio, con impianti che nei condomini erano centralizzati quindi pure con orari rigidi. Di notte non si vedeva nessuno in giro. Non era un'esclusiva italiana, poiché la Repubblica federale di Germania e la Svizzera avevano adottato analoghe misure sulla circolazione già il 25 novembre, e così la Francia anticipando la chiusura delle trasmissioni. 

Un inedito panorama urbano: di giorno più voci, di notte meno luci e silenzio

 La Rai, come scrisse il Radiocorriere, potenziava le trasmissioni pomeridiane proprio per contribuire al «formarsi di nuove abitudini» negli orari e in particolare nelle domeniche e nei festivi infrasettimanali. Per le strade i ragazzi organizzavano partite di calcio: bastava mettere due mattoni per le porte, e guardare di tanto in tanto se passava uno dei non tanto numerosi mezzi pubblici. Persino le pattuglie delle forze dell'ordine si vedevano di rado. Un silenzio irreale sulle città, e l'abitudine a nuovi rumori, o dimenticati, come quelli dei pattini a rotelle, non ancora in linea e agganciati con le cinghiette di cuoio; e poi il frusciare delle biciclette di tutti i tipi, spesso tirate fuori dalle soffitte o dai garages, spolverate e ingrassate per l'occasione. Tanta libertà in più per i bambini. L'imbrunire arriva presto a dicembre e l'espressione «spegnere le luci» non era solo un modo di dire agli sgoccioli di cinquanta anni fa, quando si smorzavano le insegne pubblicitarie e quelle dei locali pubblici, ma a volte anche l'illuminazione delle strade per risparmiare almeno il 40%. Non erano le domeniche ecologiche, ambientaliste e modaiole dei tempi moderni, ma domeniche di restrizioni e privazioni necessarie, accolte senza isterismi e senza fondamentalismi.

 

Non si rinunciava però alla vita sociale: se ne cambiavano le liturgie. Il caffè al bar, che costava la metà di oggi, non conobbe crisi. Ci si vedeva in piazza, dove si arrivava in tutti i modi tranne che in automobile, o direttamente nelle strade che avevano del tutto cambiato il panorama urbano. Le isole pedonali esistevano prima che i divieti le creassero. L'austerità innescò la satira ed essa stessa divenne una moda, con le battute e le canzoni sul petrolio e sui costumi.     

L'allentamento, la breve stagione delle targhe alterne e l'eredità di Domenica In

Neanche tre mesi era durato il parziale allentamento delle restrizioni alla circolazione avvenuto nel 1974: il 10 marzo si era consentito il traffico alle auto private a targhe alterne, pari e dispari in base all'ultima cifra, col “giallo” interpretativo sullo zero subito virato verso il pari e le proteste da parte di chi aveva più vetture solo pari o solo dispari e le polemiche verso chi aveva davvero le targhe alterne e quindi non era toccato in alcun modo dal divieto.

 

Il 2 giugno l'austerity finiva del tutto per trovare spazio nell'album dei ricordi, spesso con una certa nostalgia. Ma qualcosa le è sopravvissuto arrivando ai giorni nostri. Proprio dall'austerity e secondo le indicazioni dei vertici della Rai il rassicurante Corrado Mantoni tirerà fuori dal cilindro il prototipo dei programmi-contenitore, Domenica In, che dal 3 ottobre 1976 traghetterà dal dopopranzo alla cena, quando ormai da tempo le auto si erano riappropriate delle strade e i divieti non c'erano più.

 

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