AGI - Daniel C. Dennett, filosofo e scienziato cognitivo tra i più influenti del nostro tempo, ha dedicato la sua vita allo studio dei misteri della nostra mente. Esiste il libero arbitrio? Cos'è la coscienza, come nasce? Cosa distingue la mente umana dalla mente degli animali? Le sue risposte hanno orientato in modo significativo il dibattito filosofico degli ultimi decenni. La sua incessante curiosità l'ha portato da Beirut, dove ha trascorso l'infanzia, alle aule di Harvard, dai jazz club di Parigi ai laboratori di tutto il mondo.
Dennett, scomparso a Portland lo scorso 19 aprile, è stato uno dei più importanti pensatori degli ultimi cinquant'anni, capace di spaziare nei suoi studi dalla filosofia all'intelligenza artificiale, dall'etica ai pericoli dell'informazione tecnologica; fino alla questione dell'animale, incentrata sia sulla percezione del dolore che sull'evoluzione della coscienza. Ed è proprio quest'ultima a interessare particolarmente Dennett che critica la concezione della coscienza come Cartesio l'ha teorizzata, in cui nel cervello c'è un unico sito che possa essere identificato come il luogo della coscienza.
Dennett, invece, ritiene che i processi che avvengono nel cervello sono tutti meccanismi realizzati da "piccole macchine" che eseguono una serie di processi di discriminazione delle informazioni e producono un flusso di elementi di coscienza, un flusso instabile che corrisponde ai pochi momenti in cui i processi mentali si combinano per formare un sentimento di piena e completa coscienza.
Insomma, concetti molto complessi. Come lo sono quelli relativi agli altri suoi studi filosofici. Concetti che tornano in forma di narrazione, attraverso gli incontri che ha avuto e le sua avventure, nella sua autobiografia pubblicata ora in Italia da Raffaello Cortina Editore, 'Pensandoci bene' (collana Scienza e idee, pagg. 494. Prezzo: 33 euro). Questo libro, uscito in America nel 2023, arriva in Italia a pochi mesi dalla sua scomparsa ed esplora i grandi temi della filosofia contemporanea - il linguaggio, l'evoluzione, la logica, la religione, l'intelligenza artificiale - rivelando intuizioni ed errori dell'autore e dei suoi interlocutori: Douglas Hofstadter, Willard Van Orman Quine, Thomas Nagel, John Searle e Stephen Jay Gould sono solo alcuni dei grandi pensatori che Dennett ha incrociato sulla sua strada.
Pensare, scrive Dennett, è difficile, ed è rischioso. Qualunque forma di ragionamento filosofico porta inevitabilmente con se' una discreta dose di frustrazione e insicurezze. Ma è solo sbagliando che, molto raramente, troviamo una via verso la verità. In qualità di filosofo e scrittore americano, nonché scienziato cognitivista, Dennett si pone all'interno della categoria dei pensatori più influenti della contemporaneità.
La sua popolarità si intreccia non solo con il fascino delle sue idee, ma pure con la sua personalità esuberante e uno stile di scrittura che lo ha dipinto agli occhi dei suoi colleghi come un eretico rispetto ai canoni accademici. Lo stile della sua scrittura è fortemente caratterizzato dalla tendenza a semplificare e ammorbidire la rigorosità del linguaggio tipicamente scientifico.
La figura di Dennett ricorda quella del "filosofo classico", ovvero una persona dotata di uno scetticismo così particolare e profondo, che agli occhi delle persone comuni non può che suscitare un senso di stranezza. Una delle più importanti eredità di Dennett è il suo metodo: sfidare e scuotere le assunzioni concettuali più indubitabili e tradizionali, ovvero quelle che lui chiama "intuition pumps" (nella letteratura inglese, l'espressione si riferisce generalmente a un esperimento mentale di qualsiasi tipo).
Nel prologo della sua autobiografia, scritta due anni fa, parte dal delicatissimo intervento a cuore aperto che ha subito nel 2006. Quindi racconta di aver avuto una vita straordinariamente avventurosa e appagante ("finora", aggiunge). "Molto al di là delle più rosee fantasie di gioventù, e all'epoca ero un bellimbusto pieno di ambizione - scrive - mi è andata benissimo - come è possibile? Tutta fortuna? Tutta questione di "amicizie giuste"? O posso vantare qualche merito diretto per la condizione beata in cui mi trovo? Mi sono "meritato" (qualunque cosa significhi) i benefici di cui sto godendo? Io credo nel libero arbitrio, inteso in un senso non magico, il solo che conti davvero. Chi agisce bene nel mondo merita elogi e ricompense, mentre chi agisce male (posto che sia un adulto 'compos mentis' e capace di autocontrollo) merita le giuste sanzioni: ne sono convinto".
Dennett ha passato la vita a insegnare ai suoi studenti con i quali, anche grazie al suo modo di fare e al suo spiccato senso dell'umorismo, è sempre stato attento a incoraggiarli a coltivare la crescita di un pensiero indipendente piuttosto che cercare discepoli che si conformassero alle sue idee. In 'Pensandoci bene' racconta la sua vita partendo dalla nascita a Boston nel 1942 e dall'infanzia a Beirut dove visse fino all'età di cinque anni quando il padre, agente segreto americano, non morì in un misterioso incidente aereo e la madre decise di tornare negli Usa.
Quindi racconta la sua magnifica avventura filosofica, i suoi grandi incontri, la vita passata a confrontarsi con i massimi pensatori del mondo e a "correggere alcune idee erronee" di alcuni colleghi.
"Non starei scrivendo questo libro se non fossi convinto di avere qualche insegnamento per i miei lettori - spiega poi - i segreti del mio successo, i trucchetti, gli approcci che mi hanno aiutato, il modo in cui mi relaziono ai problemi e alle persone. Quanti filosofi sono più intelligenti, più eruditi, più pronti, più tecnicamente preparati di me! Saranno i primi a farvelo notare, e io mi guardo bene dal contraddirli".