AGI - Da simbolo dell'amicizia tra americani e sovietici sullo stesso fronte per estirpare il nazismo, a prodromo della guerra fredda; dal Terzo Reich tagliato in due dagli Alleati al mondo diviso in due tra democrazia e comunismo. A Torgau, in Sassonia, il 25 aprile 1945, l'incontro tra soldati con le uniformi verde oliva e kaki che provenivano da ovest e da est doveva diventare l'immagine di un'amicizia nel segno della storia, ma che la storia la forzava. E infatti l'evento venne ricostruito più e più volte nei giorni seguenti a uso e consumo degli apparecchi fotografici e delle cineprese, affinché fosse il più possibile emblematico. Ci fu poco di eroico dietro a quel momento di congiunzione delle avanguardie di due eserciti separati dal corso dell'Elba, ma c'era molto di politico da comunicare e veicolare. Torgau scalzò l'ancor più piccola Strehla dove quasi casualmente appena quattro G.I. erano sbarcati in ricognizione sull'altra sponda del fiume superato con una barca a vela e si ritrovarono di fronte ai fucilieri sovietici. Ma poco dopo lo stesso accadde nei pressi di un ponte distrutto nel contatto tra due pattuglie agli ordini del sottotenente William Robertson e del tenente Aleksander Sylvaško, i quali informarono immediatamente i superiori della situazione di fatto che si era venuta a creare al fronte: la Germania era divisa in due, e con l'Armata Rossa già impegnata nella battaglia di Berlino la seconda guerra mondiale era all'epilogo. Quell'evento andava celebrato a un livello più alto e così l'indomani i due tenenti vennero sostituiti dai due comandanti di divisione Emil Reinhardt (69ª di fanteria della 1ª Armata statunitense) e Vladimir Rosakov (58ª di fucilieri delle Guardie della 5ª Armata sovietica) proprio a Torgau. Ma poiché per la propaganda non bastava ancora, venne fissata per il 27 aprile la cerimonia della stretta di mano, seguita dalle dichiarazioni ufficiali partite da Washington, Mosca e pure Londra, e dagli innumerevoli scatti celebrativi. E, visto che c'erano, richiamarono anche i tenenti Robertson e Sylvaško affinché si stringessero la mano come avevano fatto due giorni prima.
Nello stesso giorno Truman veniva informato dell'esistenza della bomba atomica
Quello che si diceva con quelle istantanee, assai poco istantanee, era assai meno importante della segretissima comunicazione che era stata fatta al neopresidente Usa Harry Truman, da pochi giorni successore di Franklin Delano Roosevelt. Il segretario alla guerra Henry L. Stimson lo aveva informato infatti, e nei dettagli, dei risultati dell'Operazione Manhattan: gli Stati Uniti avevano l'arma finale e risolutiva, la bomba atomica che avrebbe cambiato concettualmente i conflitti a venire, e forse anche quello presente. Che Stalin e i sovietici fossero alleati estemporanei era già chiaro a tutti, e chi non riusciva a dissimularlo neanche per un rigurgito di opportuna diplomazia (che caratterialmente non possedeva) era sul fronte tedesco il generale George Patton, che si era visto sottrarre dal rivale Montgomery e dalle scelte politiche il primato di aver superato per primo il Reno, la possibilità di marciare su Berlino, e sarebbe stato frenato anche nello slancio dell'avanzata in Cecoslovacchia dove non potrà andare oltre Pilsen. Non risparmierà incaute dichiarazioni contro i russi, individuati come i nuovi nemici, tra le quali quella di volerli combatterli assieme ai tedeschi. Un'altra foto scattata Torgau, dove spiccano le bandiere inglese, statunitense, sovietica, ritrae proprio Patton, il generale Omar Bradley e il Maresciallo Aleksandr Vasilevskij, e il suo è un sorriso di circostanza.
Il primo contatto era avvenuto a Strehla, ma senza scattare fotografie
Strehla non entrò nella storia e neppure nell'iconografia, perché in quel paesino sassone nessuno pensò a fissare l'incontro su pellicola, o forse non c'erano apparecchi fotografici a portata di mano. Una pattuglia su jeep aveva visto dalla sponda, attraverso i binocoli, che dall'altra parte dell'Elba c'erano soldati con l'uniforme sovietica, e aveva segnalato che alcuni americani li avrebbero raggiunti con una barca perché il ponte era distrutto. Tra questi militari c'era un ebreo di Chicago di origine ucraina, che quindi sapeva parlare russo, e fu lui proprio Joseph Polowsky a tenere i primi contatti verbali: era l'unico a poterlo fare. Ma tutto si decise a una trentina di chilometri più a sud. Feste, strette di mano, pacche sulle spalle e ubriacature con whisky e vodka, balli americani e della tradizione russa, durarono assai poco e lo stesso fiume Elba si avviava a diventare, da linea di congiunzione, una linea di demarcazione tra due realtà opposte e inconciliabili, separate da quella che Winston Churchill con efficace immagine linguistica definirà “cortina di ferro”. Anche se commemorato in epoche e con sfumature diverse, l'incontro di Torgau non avrà un posto tra le date istituzionali, e la proposta di celebrare il 25 aprile come Giornata mondiale della pace nel 1949 non verrà accolta dall'Assemblea generale delle Nazioni unite. Il mondo bipolare sarebbe caduto con il muro di Berlino solo quaranta anni dopo.