La prima immagine di una cometa che si "spezza"

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AGI - Il nucleo della "cometa dorata", com'è stata ribattezzata nelle ultime settimane la C/2025 K1 (Atlas), si è spezzato in più frammenti. Come testimonia anche l'immagine ottenuta la notte tra l'11 e il 12 novembre con il telescopio Copernico dell'Osservatorio di Asiago. Lo hanno annunciato in un articolo sul sito dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) Elena Mazzotta Epifani dell'Inaf di Roma e Francesco Ferrigno dell'Università Parthenope.

La cometa C/2025 K1 (Atlas) è stata scoperta nel maggio 2025 grazie al programma Atlas (Asteroid Terrestrial-Impact Last Alert System), un programma di ricerca finanziato dalla Nasa che utilizza quattro telescopi (due alle Hawaii, uno in Cile e uno in Sudafrica) per scandagliare ogni notte in modo automatico il cielo alla ricerca di oggetti asteroidali potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta. Una delle ricadute scientifiche di questo programma è la continua scoperta di comete, come appunto C/2025 K1 (Atlas).

Atlas ha raggiunto la minima distanza dal Sole

È una cometa classificata come iperbolica, ossia che durante il periodo temporale delle osservazioni, dalla scoperta ai primi giorni di novembre, si è mossa su un'orbita aperta. In realtà, le integrazioni numeriche all'indietro relative al suo moto, prima che entrasse nelle regioni più interne, ci dicono che è una cometa proveniente dalla nube di Oort, ai confini esterni del Sistema solare, e che questa è verosimilmente la sua prima volta in transito dalle nostre parti: è una cometa "dinamicamente nuova".

La sua traiettoria l'ha portata, ai primi del mese di ottobre, a passare per un punto di minima distanza dal Sole (perielio) abbastanza vicino alla nostra stella, a circa 0.33 unità astronomiche, appena al di fuori dell'orbita di Mercurio. A causa di questa "piccola" distanza dal Sole ha subito un elevato irraggiamento solare, che ha determinato un aumento notevole della temperatura degli strati superficiali e interni del nucleo. Proprio le condizioni in cui ci si aspetta un evento di "rottura": a seconda delle proprietà interne del nucleo - ossia la sua porosità, il suo stato di coesione, la sua composizione e la percentuale di ghiacci - è infatti possibile che l'aumento della temperatura determini un elevato "degassamento", un'improvvisa e violenta fuoriuscita di materiale gassoso e polveroso, e la conseguente frammentazione del nucleo, a volte in pochi pezzi più o meno simili come dimensioni, a volte in una nuvola di frammenti e detriti che si distribuiscono lungo la traiettoria della cometa originale.

La frammentazione della cometa dorata

"Questo è quello che sembra essere successo alla "cometa dorata", com'è stata ribattezzata nelle ultime settimane la C/2025 K1 (Atlas)", dice Elena Mazzotta Epifani, ricercatrice astronoma all'Inaf - Osservatorio astronomico di Roma. "Preceduto da due episodi di improvviso aumento della luminosità (dovuto proprio all'aumento dell'espulsione di materiale da parte degli strati superficiali), come riportato nell'Astronomer's Telegram (ATel) #17482 dello scorso 6 novembre, il nucleo della cometa si è spezzato in più frammenti il 10 novembre scorso, come riportato negli ATel #17487 e #17488".

Un'opportunità scientifica unica

"Gli eventi di "rottura" di un nucleo cometario, oltre ad essere scenografici e d'effetto, hanno anche un alto valore scientifico, soprattutto se - come in questo caso - la cometa è "nuova", e quindi decisamente primordiale", spiega Mazzotta Epifani. "L'esposizione del materiale al suo interno, sia quello solido dei minerali sia quello ghiacciato, permette di esplorare la composizione chimica di un corpo praticamente inalterato dal momento della sua formazione, durante le prime fasi di formazione del Sistema solare, dandoci anche informazioni sulla sua densità, sullo stato di aggregazione, sulla struttura e porosità. Una vera e propria "macchina del tempo", insomma, che ci riporta alle condizioni iniziali della nostra nebulosa planetaria, in cui alcuni planetesimi si sono aggregati per costruire i primi corpi protoplanetari e altri sono rimasti come residui primordiali che gli astronomi possono studiare oggi".

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