AGI - Non sono molti i giocatori capaci di battere punizioni con quell'effetto e quella precisione chirurgica. Declan Rice, stella della nazionale inglese e dell'Arsenal, ha affondato la corazzata Real Madrid con due calci da fermo che hanno fatto tremare il nord di Londra, casa dei Gunners. Il momento di gloria che sta vivendo non è frutto del caso: è il risultato di un percorso lungo, fatto di crescita continua e trasformazioni. Da semplice "ruba-palloni", oggi è diventato il vero motore totale del centrocampo, il cuore pulsante della sua squadra. Oltre a essere, da ieri, il primo giocatore capace di segnare due calci di punizione in una partita a eliminazione diretta della Champions League.
A raccontarlo fu lui stesso, in un'intervista per The Athletic uscita nel 2024. In un tranquillo pomeriggio di lunedì, al centro sportivo di Londra Colney, Declan Rice scorreva oltre 80 clip selezionate dal sito sportivo di proprietà del New York Times, riflettendo sulla sua evoluzione in mezzo al campo — soprattutto da quando aveva detto sì al trasferimento, tutto londinese, dal West Ham all'Arsenal. Un'operazione da record: 105 milioni di sterline, oltre 122 milioni di euro. Adattarsi a un nuovo stile di gioco dopo un cambio di club è qualcosa che spesso passa sotto traccia ma non sempre è così semplice. Ed è qui che entrato in gioco il suo nuovo allenatore Mikel Arteta, un altro che dominava il centrocampo in lungo e in largo, soprattutto in Premier League.
Rice dimostra di avere le idee chiarissime. Spiega perché, all'Arsenal, preferisce i “passaggi corti” alle lunghe diagonali, racconta come ha interiorizzato i movimenti da numero 8, svela le difficoltà di affrontare uno come Rodri e battere il pressing asfissiante del Manchester City. Arrivando a descrivere cosa si prova a strappare un pallone all'Emirates e sentire lo stadio esplodere. Difficile dargli torto. Rice è uno di quelli che quando sente arrivare dagli spalti la carica giusta, si accende ancora di più. Il paragone più evidente come crescita e leadership? Barella. Non a caso sono spesso indicati come due tra i centrocampisti più forti (e con la valutazione più alta) del mondo.
Dal West Ham all'Arsenal
Ai tempi del West Ham, Rice era noto soprattutto per la sua fase difensiva. Puro, roccioso, disciplinato. Una diga difficile da superare. La sua priorità era proteggere la difesa, spezzare le trame avversarie, garantire equilibrio. In questa fase, guardando ai numeri, la sua caratteristica principale era data dai tackles, dalle intercettazioni e dalla percentuale di duelli vinti.
La svolta all'Arsenal dove è diventato un vero playmaker moderno (nel senso più cestistico). Oggi il suo repertorio è vastissimo, quello che in Inghilterra chiamano spesso box-to-box. Ovvero è lui a iniziare l'azione, a verticalizzare, a inserirsi negli spazi, (spesso) a segnare. Da quando è arrivato ai Gunners ha aumentato il numero di passaggi, di dribbling riusciti e persino di tiri in porta. E non è una cosa da poco. Soprattutto, come ricorda The Athletic, perché un giocatore nella sua posizione "deve prendere decisioni in una frazione di secondo, in risposta a quando e dove si muovono gli avversari, e in una zona del campo in cui un errore potrebbe rivelarsi disastroso".
E molti giornali inglesi hanno sottolineato come Arteta abbia lavorato molto sulla sua capacità di lettura offensiva, trasformandolo in un giocatore capace di rompere le linee palla al piede, dare superiorità numerica e anche trovare il gol nei momenti chiave. Un upgrade tecnico e mentale che pochi centrocampisti hanno saputo realizzare con questa velocità.
Le punizioni
Sono diventate un'altra freccia nell'arco di Declan Rice in quasi due stagioni. Tutto è nato da una conversazione, a metà del primo anno, con Mikel Arteta e Nicolas Jover, l'allenatore dei calci piazzati dell'Arsenal. "Puoi metterla dove vuoi", gli dissero soprattuto riferito a corner e calci da fermo finalizzati a cercare un compagno in area. Un messaggio chiaro, di piena fiducia, che ha fatto tutta la differenza: Rice ha aumentato la sua autostima e ha imparato a prendersi sulle spalle ancora più responsabilità.
Le due perle messe a segno nell'andata dei quarti di Champions contro il Real Madrid sono solo la ciliegina sulla torta. Soprattutto tenendo conto che aveva calciato solo 12 calci di punizione, verso la porta, in tutta la sua carriera, come ricordato dalla BBC. Un risultato che arriva da lontano, da un lavoro iniziato un anno e mezzo fa, fatto di confronti, analisi, discussioni. E c'è chi scommette che, ora, quel numero di punizioni battute aumenterà in maniera vertiginosa.