AGI - Fu l'ultimo ghetto a essere liquidato dai nazisti e l'unico di cui ci sia pervenuto intatto l'archivio che ha permesso di ricostruirne la storia, il funzionamento e le vicende, assieme alle fotografie scattate segretamente dai polacchi e a un diario del Consiglio ebraico.
Il 29 agosto 1944 con la partenza del convoglio dei deportati ebrei, si chiudeva l'esperienza drammatica di Łódź, la seconda città polacca per numero di abitanti annessa al Terzo Reich l'8 novembre 1939 e ribattezzata Litzmannstadt in onore del generale tedesco Litzmann.
Al momento dell'invasione del 1939 un terzo dei residenti, poco più di 650.000, era formato da ebrei che costituivano una élite imprenditoriale, sociale e culturale. I tedeschi non erano più di un decimo della popolazione, meno della metà degli ebrei rimasti in città dopo un esodo parziale a causa dell'occupazione.
I piani nazisti prevedevano in un primo tempo la deportazione di massa verso il Governatorato Generale, ma le difficoltà logistiche fecero optare subito verso la creazione di un ghetto nel quartiere di Bałuty dove tutti i cittadini ebrei, quelli delle zone circostanti e altre decine di migliaia provenienti dal Reich furono costretti a risiedere e a fornire lavoro schiavistico per l'industria del Reich, in particolare nella manifattura tessile già fiorente prima della guerra. Era un modo per guadagnare tempo nelle more della "soluzione finale" e per trarre mostruosi guadagni dalla situazione, dopo la sistematica spoliazione di tutti i beni degli ebrei.
In 160.000 in appena 4 chilometri quadrati
Il ghetto era stato scientificamente isolato dal mondo. I rapporti con i civili polacchi puniti con la morte, il contrabbando per integrare le scarsissime razioni alimentari impossibile, l'ascolto della radio costava la vita. Non sappiamo neppure se le informazioni erano tali da conoscere la sorte di coloro che venivano deportati. I nazisti non di rado scatenavano esecuzioni massa: gli ebrei erano forza lavoro e le sostituzioni nelle fabbriche non mancavano. Tremende, poi, le condizioni alimentari. Le razioni, indescrivibili nei contenuti, fornivano un apporto proteico e di grassi del tutto insufficiente, per di più parametrato sulla metà di quello destinato alla popolazione carceraria. La fame era terribile, e d'inverno il freddo era insopportabile, poiché i tedeschi non fornivano nessun tipo di materiale combustibile e nelle baracche si bruciavano mobili e suppellettili, finché ce n'erano. Nel ghetto di quattro chilometri quadrati erano state stipate 160.000 persone, il 90% al lavoro nelle fabbriche con orari massacranti.
La popolazione falcidiata da deportazioni, fame e freddo
A dare una parvenza di organizzazione, una sorta di Consiglio ebraico sotto la guida Mordechai Chaim Rumkowski, oggetto di dure critiche per la sua gestione e per l'acquiescenza alle richieste della Gestapo, che supervisionava tutto, alle liste di deportazione, riuscendo per un breve periodo anche a far funzionare le classi scolastiche e gli ospedali, fino alla definitiva proibizione.
La mancanza di cibo nel 1942 provocherà la morte per fame di 18.000 persone, e il bilancio sale a 44.000 per tutto il periodo di funzionamento del ghetto. Né andava meglio a chi veniva inviato a lavorare all'esterno, nei campi, spesso poi eliminato nel lager di Chełmo aperto l'8 dicembre 1941 a una sessantina di chilometri da Łódź.
Tre le ondate di deportazioni per viaggi senza ritorno: 55.000, poi 15.000, e ancora 70.000. Nel ghetto si lavora o si muore, e se si viene portati altrove è per morire. Nel 1943 viene ipotizzata la chiusura definitiva, ma i pingui affari che derivano dalla manovalanza a bassissimo costo e dalle commesse militari fanno propendere per un rinvio.
A febbraio 1944, però, il Reichsführer Heinrich Himmler decide che basta così, perché l'Armata Rossa preme sempre di più sul fronte orientale.
Appena il 5% dei deportati sopravvive alla Shoah. Sterminati anche rom e bambini
Il lager di Chełmno, chiuso a marzo 1943, viene riaperto per una ventina di giorni verso la fine di giugno per eliminare 7.000 ebrei. Altri 65.000/70.000 vengono avviati alla stazione ferroviaria di Radogoszcz (Radegast), dove sono in attesa i treni della Reichsbahn, alla quale le SS pagavano regolare biglietto per ogni deportato, con destinazione Auschwitz. Nel ghetto rimangono un migliaio di persone che saranno liberate il 19 gennaio 1945 dai soldati sovietici. Degli oltre 200.000 ebrei transitati nel ghetto meno del 5% sopravviverà alla Shoah. Sterminati anche oltre cinquemila rom (metà bambini) e giovanissimi polacchi dagli 8 ai 16 anni. La comunità ebraica di Łódź era stata annientata.