AGI - Il suo ultimo giorno di vita lo trascorse in Siberia, dove era stato imprigionato dal regime zarista perché aveva combattuto contro i russi nella rivolta polacca del 1863. Il garibaldino Luigi Caroli aveva 31 anni, era stato colpito da un'infezione cerebrale e si era spento con grandi sofferenze nella notte tra il 7 e l'8 giugno 1865 lontano dalla Patria e dagli affetti. Con sé aveva una miniatura con l'immagine della donna da lui amata, Giuseppina Raimondi. Lei era stata per un solo giorno la moglie di Giuseppe Garibaldi, il suo eroe, il generale per il quale il patriota bergamasco avrebbe dato la vita, ma che la vita gliela stravolse.
Valoroso ufficiale di cavalleria nell'esercito di Vittorio Emanuele II
Caroli apparteneva a una ricca famiglia, sin da giovane si era speso per la causa dell'unificazione italiana e si arruolò nell'esercito di Vittorio Emanuele II. Abile cavallerizzo, prestò servizio prima nel corpo dei corazzieri e poi come tenente nel Piemonte Reale Reggimento Cavalleggeri di Saluzzo. Partecipò alle battaglie di Magenta e Solferino (4 e 24 giugno 1859) e si distinse per valore, tant'è che Napoleone III lo insignì della medaglia d'onore commemorativa della Campagna d'Italia destinata ai soli francesi. Dalla sua esperienza trasse subito lo slancio ideale di stanziare sostanziosi fondi del patrimonio di famiglia per armare l'esercito e fornire attrezzature e medicinali per gli ospedali. Chiusa la seconda guerra d'indipendenza, si entusiasmò del progetto di Giuseppe Garibaldi di una spedizione in Sicilia per unire l'Italia meridionale al Regno sabaudo, e quindi chiese l'aspettativa dall'esercito regio con o scopo di potersi aggregare alle camicie rosse del suo eroe tanto ammirato. Ma il destino aveva deciso altrimenti.
Il colpo di fulmine per la figlia naturale del marchese Odescalchi
Nei salotti milanesi che il bel tenente bergamasco frequentava riscuotendo un certo successo tra il gentil sesso, aveva conosciuto Giuseppina Raimondi, figlia naturale (solo successivamente legittimata) del marchese Giorgio Raimondi Odescalchi Mantica, mazziniano. La diciottenne Giuseppina, che in precedenza aveva avuto una relazione col nobile cugino, patriota e colonnello Pietro Rovelli, non fu insensibile al fascino di Caroli, e i due divennero quindi amanti. A Como si trovava in quel periodo anche Giuseppe Garibaldi, amico di Raimondi, che il I giugno 1859 aveva casualmente visto Giuseppina di cui si era invaghito, nonostante lui avesse già 52 anni. E così l'idolo di Caroli iniziò a tempestare la giovane di lettere d'amore, alle quali Giuseppina dapprima rispose con freddezza, poi all'improvviso a settembre accettò di sposarlo, il prima possibile. Caroli, allora, troncò la relazione.
Le nozze con rito religioso furono celebrate con sfarzo e con ospiti di rango il 24 gennaio 1860 nella villa Raimondi, dopo un paio di rinvii imposti da una caduta da cavallo di Garibaldi e una malattia della promessa sposa.
L'Eroe dei due mondi invaghito della diciottenne. Matrimonio e immediato ripudio
La bomba esplose durante il pranzo. La innescò il marchese Rovelli, cugino della neosignora Garibaldi e suo ex amante, il quale passò al generale una lettera nella quale si rivelavano i trascorsi amorosi di Giuseppina e pure che era in attesa di un bambino. Non sappiamo se la lettera l'abbia scritta Rovelli oppure Caroli, per gelosia, ma fatto sta che Garibaldi insultò la moglie, la quale messa alle strette ammise tutto, e la ripudiò seduta stante (ma l'annullamento sarebbe arrivato solo nel 1880). Il generale se ne tornò infuriato a Caprera da dove lavorò alla spedizione dei Mille. Ma di quei Mille il tenente Caroli non poté far parte, nonostante lo desiderasse ardentemente, e non solo per il fatto che a metà di febbraio si trasferì con Giuseppina in Svizzera, dove rimase fino a luglio. Garibaldi rispose seccamente di no alla sua richiesta di partire con le camicie rosse e pure di entrare nell'Esercito meridionale, e un terzo no arriverà per l'impresa dell'Aspromonte.
Rifiutato dalle imprese in camicia rossa, in Polonia a combattere e morire per la libertà
Quanto a Giuseppina, il rapporto con Caroli andò quasi subito in frantumi e il figlio dato alla luce nacque morto. Nonostante l'ostracismo di Garibaldi, Caroli divenne garibaldino nel 1863, con la sollevazione del 23 gennaio di Varsavia contro l'oppressione russa. La decisione di combattere assieme ai polacchi venne presa assieme all'amico Francesco Nullo, anch'egli bergamasco, colonnello in camicia rossa, uno dei Mille, che aveva vanamente cercato di rabbonire l'Eroe dei due mondi il quale da Caprera aveva incitato: "Non abbandonate la Polonia. Tutti i popoli dell'Europa hanno il dovere di aiutare questa infelice nazione, che prova al mondo ciò che può la disperazione".
Nella sfortunata battaglia di Krzykawka, nei pressi di Olkusz, però, Nullo venne ucciso in combattimento (in Polonia è considerato eroe nazionale) e Caroli preso prigioniero. Era il 5 maggio 1863. Condannato a morte per impiccagione, rifiutò di firmare la domanda di grazia e chiese solo l'onore di essere fucilato al petto. Le autorità zariste commutarono la pena di morte in 12 anni di lavori forzati e la deportazione a vita in Siberia. Inutili i tentativi del fratello di Caroli, che neanche con la corruzione e l'offerta di grosse somme di danaro riuscì nell'impresa di farlo liberare. Per raggiungere il campo di prigionia, ai confini con la Manciuria, occorsero otto mesi di viaggio, da luglio a febbraio 1864. Per tenere la mente impegnata Caroli si impegnò nello studio di inglese, francese, russo, storia, filosofia, economia.
La sorella Elisa riuscì a fargli avere una miniatura di Giuseppina. Quando morì la sua bara venne portata a spalla da quattro patrioti polacchi. Sulla croce di legno che sormontava la sua tomba scavata nella roccia, incisero: "A Luigi Caroli italiano, gli esiliati polacchi".