I 'sogni' di Bellocchio: "Un film su Marchionne e uno minimale"

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AGI - “Mi capita che mi vengano proposti - e io rispondo positivamente perché mi piace - dei progetti piuttosto complessi. Se noi pensiamo anche a ‘Esterno notte’, se noi pensiamo anche a questo progetto su Marchionne, che sarà un progetto complicato… però al tempo stesso io vorrei riuscire a fare dei film anche piccolissimi e penso che ci riuscirò”. Durante la Masterclass alla Festa del cinema di Roma il regista Marco Bellocchio parla del suo prossimo progetto, un film o una serie su Sergio Marchionne.

Un progetto già annunciato da tempo che ancora non si è però concretizzato. Ma non è il solo desiderio del regista che ricorda il documentario sulla morte del fratello gemello, ‘Marx può aspettare’. “Per me è tra i film che amo di più, essendo combinato con lo strazio di tutta la mia vita – spiega Bellocchio - io vorrei riuscire, non dico prima di morire, a fare ancora qualcosa in una direzione, non voglio dire di povertà, ma proprio minimale. E in qualche modo l'esperienza bobbiese (il documentario è stato girato a Bobbio in provincia di Piacenza, il paese d'origine del regista, ndr) che si pensava parallela a tutti gli altri film, che è stata per me estremamente importante, mi potrà permettere di trovare il tempo e l'immaginazione per lavorare anche in quel versante”.

In quanto al progetto su Marchionne, Bellocchio ricorda che nei suoi lavori, nei film e nelle mie serie tv, cerca “sempre di partire da una base di realismo, un’inchiesta realista per poi far saltar fuori come sono accadute le cose“.

“Adesso ho questo progetto su Sergio Marchionne che devo fare, anche se ancora non so se lo farò – aggiunge – ed è curioso che anche lui, come ho fatto io dopo il Centro Sperimentale negli anni ’60 quando sono andato a Londra, arrivando in Canada non sapeva una parola d'inglese. E lui in sei anni si accanì proprio perché voleva assolutamente imparare l'inglese. L'inglese canadese, l'americano, che gli servì moltissimo negli anni successivi per affrontare i grandi colossi americani, come GM, come Chrysler, anche se nel mio caso, come dire, l'inglese che ho imparato era più un inglese shakespeariano”.

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