Giocare a scacchi con il Papa

13 ore fa 9

AGI - In occasione dell'elezione di papa Prevost, successore di Francesco, molti si sono soffermati sul nome scelto dal nuovo pontefice americano: Leone XIV. Un nome che richiama inevitabilmente quello del suo illustre predecessore, Leone XIII, al secolo Vincenzo Gioacchino Pecci, figura chiave tra Ottocento e Novecento, noto soprattutto per la mole di encicliche che ha prodotto durante il suo lungo pontificato.

Ma quel nome, Leone XIII, mi è rimasto in testa come una lampadina che non riusciva ad accendersi del tutto. Solo una volta tornato a casa, accendendo il computer, il collegamento si è fatto chiaro: Leone XIII è stato uno dei papi più appassionati di scacchi nella storia della Chiesa cattolica. 

Ricordavo di averne letto qualcosa, in passato. Forse su un blog italiano (il sito Uno Scacchista è da anni una miniera meravigliosa di storie, aneddoti e dettagli dimenticati), ma anche in articoli sparsi in lingua inglese. Così, incuriosito, ho iniziato a ricostruire il filo. Ho spulciato tra archivi digitali, biblioteche online, vecchi ritagli. Finché non mi sono imbattuto in quello che cercavo: un articolo pubblicato sul Los Angeles Herald il 25 giugno 1899. Il titolo? Playing Chess with the Pope, ovviamente.

Una storia vaticana

Il giornalista racconta come, nei suoi giorni di malattia, Leone XIII trovava negli scacchi "il suo principale svago". Il suo partner abituale era tale padre Giulio, "un monaco domenicano di grande saggezza e di temperamento solare", che ricopriva la carica di "maestro dei giochi" in Vaticano. 

Il giornale americano si sofferma su padre Giulio che "fu amico del predecessore di Leone, papa Pio Nono, il quale gli concesse vitto e alloggio a vita nel palazzo papale a condizione che imparasse a giocare a biliardo". La motivazione? L'attività fisica. "Pio adottò il gioco del biliardo come mezzo per liberarsi di molto grasso superfluo. Allo stesso tempo abbandonò gli scacchi, nei quali padre Giulio era un esperto, poiché giocare a scacchi contribuiva a farlo ingrassare". 

Papa Leone XIII, che non ha mai sofferto di obesità, non fu dello stesso avviso: prese il tavolo da biliardo del suo predecessore e lo fece portare "nei locali della servitù" quando assunse il pontificato. Tuttavia "accettò volentieri i servizi di Giulio come compagno di scacchi". 

Alla data della pubblicazione, che compare anche in vecchissimo numero dell'American Chess Magazine, Il papa e il monaco "si sfidavano ormai da oltre 21 anni", ma la diatriba su chi fosse il più forte era ancora aperta: "Non è ancora stato deciso chi dei due sia superiore all'altro. Sotto un aspetto, Leone lo è di certo: non perde mai la calma, nemmeno quando perde una partita. Padre Giulio, al contrario, è un giocatore così appassionato che tende a diventare cupo e impaziente se il Santo Padre gli dà scacco matto. In quei casi, Leone deve intervenire non come semplice amico, ma come Papa, per riportare alla ragione l'abitualmente pacato sacerdote". 

È facile immaginare allora queste partite dentro le stanze del Vaticano. Una scacchiera di legno, pezzi curati, due uomini di spirito che riflettono, calcolano, cercano le mosse migliori. Due figure eminenti, il papa e un suo consigliere, che smessi gli abiti sacri, si dedicano a trovare un modo per scardinare l'arrocco avversario o per sacrificare qualche pezzo. L'alfiere, magari, che in lingua inglese è 'Bishop'. Vescovo. Tutto si tiene. 

Ma l'articolo del giornale californiano ci dice altro. Gli scacchi sono stati spesso invisi ai vertici del cattolicesimo. Troppo disturbanti, troppo coinvolgenti. Accusati di far dimenticare i doveri religiosi e di accendere anche l'animo più calmo e riflessivo. "Quando Leone, poco dopo la sua ascesa al soglio pontificio, introdusse il nobile gioco come passatempo regolare in Vaticano, alcuni cardinali ascetici protestarono vivacemente, invocando la decisione del Concilio di Treviri, che proibiva ai sacerdoti di giocare a scacchi".

La reazione di Leone XIII? Beh, provate a leggere questa parte dell'articolo senza sorridere. Soprattutto se siete giocatori di scacchi. "Il Papa ascoltò questi fanatici con un sorriso superiore sulle labbra: so bene cosa volete dire, osservò, e vi dico che il vescovo Petrus, che per primo tuonò contro gli scacchi, e il Concilio di Treviri si sbagliavano entrambi. La decisione di quel concilio cadde presto in disuso, e il mio omonimo, Leone X, dichiarò apertamente che non vi era nulla di male nel gioco degli scacchi. Anche il fatto che Martin Lutero, suo avversario, fosse un appassionato scacchista, non cambiò le cose. In realtà, sia il Papa che Lutero tuonavano contro i giochi d'azzardo, ma praticavano entrambi gli scacchi.”

Lutero e Leone X, seduti sui due lati della scacchiera a discutere di teologia e a giocare a scacchi. C'è qualcosa di più romantico e affascinante? 

La chiusa del pezzo è un'altra miniera d'informazioni. "Papa Leone possiede nella sua biblioteca privata una preziosa collezione di libri sugli scacchi scritti da rinomati ecclesiastici. Tra questi c'è un libro di preghiere di Jacobus de Cessolis, pubblicato nell'anno 1300, che contiene una serie di intelligenti sermoni sul gioco degli scacchi. Le 'Regole degli Scacchi' furono pubblicate dal vescovo spagnolo Ruy López nel 1561, e dai sacerdoti italiani Pietro Carrera e Antonio Das Reves, rispettivamente nel 1617 e nel 1647".

Chissà se, in Vaticano, questa collezione esiste ancora. Chissà se i papi, i cardinali, l'hanno mai sfogliata. E chissà se lo farà, e se gioca, il nuovo Leone, il XIV, appena eletto al Conclave. 

 

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