AGI - È un cold case che appassiona criminologi, avvocati e investigatori da oltre un secolo, e su cui si staglia l'ombra inquietante e infettante dell'antisemitismo che assai probabilmente piegò la realtà alle esigenze processuali, creando un “mostro”. Si tratta dell'Omicidio di Polná, consumato il 29 marzo 1899 nel circondario della cittadina boema che allora faceva parte dell'Impero austro-ungarico. La vittima era una sartina diciannovenne, Anežka Hrůzová che aveva trovato lavoro a Polná nei pressi del quartiere ebraico, il cui cadavere venne rinvenuto il I aprile nel bosco di Březina.
Il corpo era seminudo e la camicetta strappata era stata avvolto attorno alla testa insanguinata. Un grande squarcio alla gola e la morte avvenuta per dissanguamento, come sancito dal referto medico nello stesso pomeriggio, bastò e avanzò per far sollevare l'accusa popolare di omicidio rituale da imputare agli ebrei, secondo le dicerie su sacrifici umani eseguiti ai danni dei cristiani per le festività religiose: il 2 aprile cadeva infatti la Pasqua. Il movente sessuale, che pure appariva evidente, venne accantonato, nonostante l'inquietante precedente del 27 ottobre 1898 quando il corpo di Marie Klímová, uccisa il 17 giugno, era stato ritrovato nel bosco da un guardacaccia del posto.
L'apprendista calzolaio ebreo Hilsner condannato a morte dopo 5 giorni di processo
Le investigazioni delle autorità asburgiche si rivolsero subito verso la comunità ebraica di Polná. I sospetti caddero su un ventitreenne, un apprendista calzolaio di origine polacca, Leopold Hilsner, che aveva tutto per essere il colpevole ideale: quasi sempre senza lavoro, viveva alle spalle della madre che abitava in un seminterrato della scuola di fronte alla sinagoga, vagabondava spesso per il villaggio, chiedeva l'elemosina, e per i suoi comportamenti non ortodossi non godeva di grandi simpatie neppure tra gli ebrei.
Hilsner venne arrestato il 4 aprile e sull'omicidio si scatenò subito una virulenta campagna di stampa, che andò di pari passo con manifestazioni antisemite in diversi villaggi e cittadine boemi e moravi, che arrivarono a interessare la stessa Praga. Nel processo al giovane ebreo polacco, celebrato a Kutná Hora il 12 settembre, i giudici furono messi sotto pressione mediatica e anche alle testimonianze più incerte e contraddittorie venne data la patente di attendibilità, e così in appena cinque giorni arrivò la sentenza: il 16 Hilsner venne condannato alla forca.
Il professor Masaryk, futuro padre della Patria cecoslovacca, chiede di riaprire il caso
A Praga un brillante docente universitario di sociologia dell'Università Carolina, destinato a diventare il Padre della patria della nazione cecoslovacca, Tomáš Garrigue Masaryk, si interessava all'omicidio di Polná, studiando i fatti e la ricostruzione processuale con attenzione e mente lucida, pubblicando una serie di articoli sulla Neue Freie Press nei quali si sosteneva l'innocenza di Hilsner e si calcava la mano contro le superstizioni, le calunnie e i pregiudizi antisemiti che avevano inquinato e condizionato il processo. Per due volte, col falso nome di dottor Gottlieb Boeck, Masaryk si reca a Polná per le sue indagini.
L'impegno civile in favore di Hilsner scatena contro di lui accuse e insulti pubblici da parte delle frange più esagitate dell'antisemitismo, e alcuni studenti arrivano a contestarlo anche nelle aule universitarie e sotto casa. Lui e il giornalista Jan Herben sono messi alla berlina con vignette satiriche e neppure ai familiari vengono risparmiate pesanti offese e minacce. L'ondata antisemita aveva allarmato a tal punto Masaryk da sollecitare a Vienna, agli inizi di dicembre, l'attenzione del ministro della giustizia Eduard Kindinger. Due mesi dopo pubblicava un dettagliato pamphlet in cui chiedeva la revisione del processo, del quale poneva minuziosamente in luce l'inconsistenza giuridica, ritenendolo frutto di una psicosi collettiva, sulla scia di quanto accaduto in Francia con l'Affare Dreyfus, definita “Hilsneria”. Il 25 aprile 1900 la Corte Suprema e la Corte di Cassazione di Vienna annullano la sentenza del tribunale di Kutná Hora, facendo aprire un nuovo dibattimento il 25 ottobre davanti al tribunale di Písek.
Il secondo processo a Leopold Hilsner stavolta dura tre settimane. Anche se le prove si rivelano ancora circostanziali il 15 novembre l'apprendista calzolaio viene nuovamente condannato a morte, perché ritenuto responsabile non solo dell'omicidio della sartina Hrůzová, ma anche di quello di Marie Klímová.
Secondo verdetto di impiccagione ma Francesco Giuseppe commuta la forca in ergastolo
Il ricorso per Cassazione contro la sentenza di colpevolezza viene rigettato nel 1901, ma è lo stesso ministro della giustizia austriaco Alois Spens-Booden il 30 aprile a chiedere all'imperatore Francesco Giuseppe un provvedimento di clemenza. E così a giugno la pena è commutata in ergastolo e una successiva richiesta da parte della madre di Hilsner sarà respinta nel 1907. Il condannato si rivolgerà al tribunale nel 1918, ma il 31 gennaio anche la sua richiesta sarà rigettata. Contro il parere della corte di Písek l'imperatore Carlo I lo farà liberare il 24 marzo con provvedimento di indulto. Hilsner, allora, riprenderà a girovagare fino ad approdare a Vienna.
Al suo cognome aveva sostituito quello di Heller, per cercare di passare inosservato, ma era quasi impossibile. Col fisico debilitato da 19 anni di carcere morirà in ospedale a 51 anni l'8 gennaio 1928. Era sopravvissuto facendo il venditore ambulante, grazie agli aiuti della comunità ebraica viennese e soprattutto con il sostegno economico personale di Masaryk, da dieci anni presidente della Repubblica di Cecoslovacchia.
Rigettate tutte le istanze di revisione. Il marchio d'infamia e la storia nei musei
Il suo processo non sarà mai sottoposto a revisione e su di lui resterà sempre il marchio d'infamia dell'omicida rituale. Il delitto del 1899 da allora ha appassionato per oltre un secolo storici, ricercatori e legali. Il primo dossier ricostruttivo per dimostrare l'innocenza di Hilsner è stato pubblicato nel 1968, ma ogni richiesta di riapertura del procedimento è stata respinta. L'ultima, ad agosto 2024, dopo che l'avvocato Lubomír Müller aveva presentato un dettagliato fascicolo frutto dello studio di documenti d'archivio giudiziari e di polizia fin allora non esaminati, chiedendo la riapertura del caso. Il 25 aprile 2002 a Vienna è stata apposta una targa sulla facciata della casa dove visse Hilsner, nonostante permanga la verità processuale che lui fosse l'assassino responsabile dell'omicidio rituale nell'ambito della comunità ebraica di Polná. L'ultima data di un decesso di un ebreo registrata nel cimitero di quella cittadina risale al 1940. Alla fine della seconda guerra mondiale solo tre ebrei della comunità sopravvissero alla Shoah, ma nessuno di essi tornerà a Polná che oggi conta poco più di cinquemila abitanti. Qui sorge il Museo ebraico regionale con la mostra permanente “Il caso Leopold Hilsner”, ricostruito anche nel Museo Masaryk di Lány, vicino al castello dove il presidente aveva fissato la sua residenza estiva e tutt'ora utilizzata dai suoi successori.