Dall'Aula alla Piazza, il voto sul piano di pace per Gaza compatta le opposizioni

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AGI - La terza volta in dieci giorni, il tridente Pd, M5s e Avs supera la prova dell'Aula su un documento comune. Era accaduto sul documento economico di finanza pubblica, con un ordine del giorno unitario. E poi sulle Comunicazioni del ministro Foti sul Pnrr. Stavolta, però, il punto di caduta viene trovato sul tema più 'caldo' di politica estera, terreno che in passato ha procurato più di una scivolata al centrosinistra.

 

Il voto finale, con il via libera al piano di pace Usa per Gaza, seppure condito da critiche anche dure, e l'altolà alla risoluzione dai tratti più politici della maggioranza, matura al termine di un confronto serrato negli uffici parlamentari e fra i leader dei partiti. Confronto che, di fatto, si è concluso solo dopo l'inizio delle Comunicazioni del ministro Tajani alla Camera.

 

Il dialogo fra i tre partiti dell'opposizione parte dall'annuncio fatto una settimana fa da Meloni all'Assemblea Generale dell'Onu: una risoluzione della maggioranza per il riconoscimento dello Stato di Palestina condizionato all'esclusione di Hamas dal tavolo di pace e alla liberazione di tutti gli ostaggi israeliani. Una mossa che le opposizioni leggono come un tentativo di mettere la coalizione in difficoltà, mettendola di fronte alla seria possibilità di votare un documento in cui si parla esplicitamente di Stato palestinese. L'idea è superata pochi giorni dopo, però, dai venti punti del piano Trump.

 

Un documento in cui di riconoscimento dello Stato di Palestina non si parla se non come un generico auspicio, al punto 19: "Con l'avanzare dello sviluppo di Gaza e la fedele attuazione del programma di riforma dell'Autorità Nazionale Palestinese, potrebbero finalmente crearsi le condizioni per un percorso credibile verso l'autodeterminazione e lo Stato palestinese, che riconosciamo come l'aspirazione del popolo palestinese", vi si legge.

 

Troppi condizionali per Pd, M5s e Avs. È soprattutto l'alleanza rossoverde a nutrire i dubbi più seri sul piano. Tanto da alimentare la tentazione di premere il tasto rosso in Aula. Marco Grimaldi, deputato Avs, sulle prime bolla la proposta come "un piano colonialista" e "una pietra tombale sulla Palestina. Nonostante questo, come spiegava una fonte del partito guidato da Fratoianni e Bonelli nella tarda serata di ieri, nel pieno delle trattative con il resto dell'opposizione, "se c'è uno spiraglio per fermare le bombe, fosse anche per dare uno o due mesi di respiro a chi da due anni vive sotto le bombe, non possiamo essere noi a chiudere quello spiraglio".

 

E oggi, al termine dei lavori dell'Aula, lo stesso Bonelli lo spiega, fotografie alla mano. "Vedete questa famiglia?", chiede Bonelli ai cronisti in Transatlantico: "Vivono nelle macerie ogni giorno, con una bambina che ha subito gravi traumi psicologici nel sentire la terra squassata dai raid israeliani. Se questa bambina chiede di fermare le bombe, anche solo per poco, io la devo ascoltare".

 

Motivazioni simili hanno guidato la scelta del Movimento 5 Stelle. Giuseppe Conte, parlando di un primo passo in direzione della pace, non ha lesinato critiche verso i venti punti del documento della Casa Bianca: dall'assenza di un chiaro riferimento allo Stato di Palestina all'assegnazione del ruolo di garante della sicurezza alle forze militari israeliane. La discussione interna ai Cinque Stelle è stata viva ed è andata avanti fino a questa mattina, per valutare se scegliere astensione o voto contrario. Anche tra i dem l'apertura è stata cauta.

 

"Seguiamo con attenzione il negoziato sulle proposta di pace avanzata dagli Stati Uniti", ha fatto sapere nelle scorse ore il responsabile Esteri del Nazareno, Peppe Provenzano, sottolineando la necessità di giungere "al più presto a un accordo che ponga fine alle atrocità e ai crimini commessi a Gaza e in Cisgiordania". Le posizioni si sono andate a comporre nella tarda serata di ieri, al termine dell'assemblea dei gruppi parlamentari dem che ha dato il via libera allo schema riassumibile con: astensione sul piano Usa, voto contrario sulla risoluzione 'politica' del centrodestra.

 

Una linea sottoscritta anche dai riformisti dem che, tuttavia, non rinunciano a marcare le distanze dalla segreteria. Al momento del voto sulle risoluzioni, cinque deputati dem, Quartapelle, Madia, Guerini, Merola e Tabacci, votano a favore della risoluzione di Più Europa, passata in parte dopo il parere favorevole del governo a eccezione delle premesse e del punto 4. Qualcosa di simile a quanto avviene al Senato con i senatori dem Casini, Delrio, Verini e Sensi a votare per la risoluzione di Italia Viva.

 

Una unità quella trovata fra dem, Cinquestelle e rossoverdi che potrebbe essere suggellata nelle prossime ore anche nelle piazze, sebbene a distanza. Elly Schlein ha annunciato in Aula che il Partito Democratico aderisce allo sciopero indetto, tra gli altri, dalla Cgil dopo il fermo delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla al largo di Gaza. Giuseppe Conte lo farà dalla Calabria dove era atteso già oggi per partecipare a eventi di campagna elettorale, poi rinviati per partecipare ai lavori d'Aula.

 

Conte, inoltre, sarà sabato alla manifestazione nazionale per Gaza, sempre a Roma. La segretaria dem, al momento, non ha fatto cenno a una sua presenza ma fonti parlamentari Pd fanno sapere che dal Nazareno è arrivata l'indicazione di partecipare a entrambe le iniziative in campo. La presenza in forze dei rappresentanti di centrosinistra, si sottolinea ancora, rappresenta anche una risposta alle parole di Giorgia Meloni: "Rivoluzione e week end lungo non stanno insieme", con riferimento al fatto che la mobilitazione si tenga di venerdì. 

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