AGI - Serpenti, gechi e lucertole, ma anche funghi, insetti e microbi, possono viaggiare inosservati attraverso le importazioni di ulivi e piante ornamentali, con il potenziale di trasformarsi in parassiti invasivi, causando gravi danni all'ambiente naturale. Questa allarmante prospettiva emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Bioscience, condotto dagli scienziati dell'Università di Cambridge e dell'Università di Oxford. Il team, guidato da Silviu Petrovan e William Sutherland, ha analizzato i registri dei parassiti trovati nelle piante ornamentali alla dogana nei Paesi Bassi tra il 2017 e il 2018 e segnalati al DEFRA nel Regno Unito tra il 2021 e il 2023.
In entrambi i casi, oltre l'80 per cento dei parassiti intercettati rientrava nella categoria degli insetti. I rettili negli ulivi in vaso, commentano gli autori, potrebbero essere solo la punta dell'iceberg dei rischi associati al commercio di piante ornamentali. Stando a quanto emerge dall'indagine, nonostante le normative e i controlli alle frontiere, i fiori recisi e le piante in vaso costituiscono un rischio crescente, per il trasporto di insetti, funghi, rettili, ragni e parassiti potenzialmente invasivi. "Nel Regno Unito - spiega Sutherland - alcuni ulivi ornamentali hanno più di cento anni. La corteccia nodosa, insieme alla forma dei rami, possono favorire il trasporto di parassiti e animali 'clandestini'. In effetti, l'enorme volume di fiori recisi e piante ornamentali che vengono scambiati a gran velocità in tutto il mondo rende estremamente difficile intercettare tutte le forme di vita che trasportano".
Le normative per impedire il commercio di piante selvatiche protette possono essere difficili da far rispettare su larga scala, ma è fondamentale individuare strategie più efficaci per salvaguardare gli ecosistemi. Lo studio evidenzia molti altri problemi ambientali e sanitari preoccupanti connessi al commercio globale di piante ornamentali, in particolare nei paesi in cui vengono coltivate. Gli autori sottolineano ad esempio il rischio associato alla presenza di microplastiche e prodotti agrochimici dannosi per l'ambiente, e gli enormi volumi di acqua necessari per coltivare fiori che altrimenti potrebbero essere utilizzati per coltivare cibo.
Sono state poi sollevate preoccupazioni sulla capacità delle nazioni fornitrici di soddisfare le proprie esigenze agricole. L'impronta di carbonio del raffreddamento e del trasporto di fiori recisi è stata stimata di circa tre chilogrammi di anidride carbonica per fiore. "In questo settore - conclude Alice Hughes, ricercatrice presso l'Università di Hong Kong, altra firma dell'articolo - dobbiamo impegnarci per definire strategie più sostenibili, attraverso certificazioni e una migliore regolamentazione. Dobbiamo essere consumatori responsabili e optare per piante da invasare piuttosto che fiori recisi, il che ridurrebbe molti rischi associati alle importazioni".