Che cosa c'entrano i pigmenti dell’henné con la cura delle malattie del fegato

10 ore fa 2

AGI - Il lawsone, pigmento attivo dell’henné Lawsonia inermis, potrebbe fungere come potenziale inibitore dell’attivazione delle cellule staminali epatiche, con implicazioni nella cura della fibrosi epatica. Lo rivela uno studio guidato da Tsutomu Matsubara e Atsuko Daikoku, dell’Università Metropolitana di Osaka. I risultati, riportati su Biomedicine & Pharmacotherapy, mostrano una riduzione dei marcatori di fibrosi e un possibile ri-orientamento delle cellule staminali verso uno stato meno fibrotico. L’approccio promette nuove vie per controllare o invertire la fibrosi, offrendo potenziali opportunità terapeutiche per una malattia con pochi trattamenti efficaci.

L’obiettivo dello studio è quello di individuare composti naturali in grado di modulare l’attivazione delle cellule stellate epatiche e di ridurre la fibrosi, offrendo una nuova strategia terapeutica per patologie epatiche croniche. Secondo i risultati, lawsone riduce marcatori di fibrosi epatica in modelli animali, suggerendo un effetto antifibrotico. L’approccio potrebbe guidare lo sviluppo di una classe di farmaci mirati alle cellule staminali epatiche attivate.

Potenziale sviluppo di farmaci antifibrotici

“Identificare composti che modulano direttamente le cellule staminali epatiche attivate è cruciale per controllare la fibrosi”, ha detto Matsubara. “Lawsonia inermis può offrire una via innovativa per modulare la fibrosi epatica, con potenziali ricadute terapeutiche”, ha aggiunto Matsubara. La scoperta potrebbe favorire il potenziale sviluppo di farmaci antifibrotici basati su lawsone per trattare fibrosi epatica in stadio avanzato.

Prospettive future e necessità di ulteriori studi

Tra le prospettive future dei ricercatori vi è quella di affinare la somministrazione mirata alle cellule staminali e test ulteriore in modelli più completi per valutare sicurezza ed efficacia. Tuttavia, i dati preliminari in modelli animali sottolineano la necessità di studi su efficacia e sicurezza nell’uomo e di valutazioni a lungo termine. La scoperta suggerisce che derivati naturali come lawsone possano offrire nuove strategie per contrastare la fibrosi epatica modulando l’attività delle cellule staminali coinvolte, aprendo strade interessanti per la terapia rigenerativa epatica.

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