Carmine Recano e Bianca Nappi: “Noi del Rione Sanità parla ai ragazzi”

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AGI - Dal 23 ottobre arriva in prima serata su Rai 1 'Noi del Rione Sanità', la nuova serie diretta da Luca Miniero e ispirata alla storia vera di don Antonio Loffredo, il parroco che ha saputo trasformare uno dei quartieri più complessi di Napoli in un laboratorio di arte, cultura e rinascita. Protagonisti Carmine Recano, nei panni di don Giuseppe, e Bianca Nappi, che interpreta suor Celeste, due figure che incarnano il valore della comunità e della bellezza come strumenti di riscatto. I due attori hanno rilasciato un'intervista all’Agi.

Per Carmine Recano questo ruolo ha rappresentato una grande responsabilità. “Ho sentito fin da subito il peso e l’importanza di raccontare una storia così significativa,” racconta l’attore. “Interpretare un uomo che ha fatto tanto per la sua comunità e che per questo è stato così amato non è stato semplice. Nel mio personaggio convivono delusioni e speranze: per me ha significato restituire dignità a quelle sofferenze e offrire una possibilità di rinascita.”

Recano, già amatissimo per il ruolo del Comandante in 'Mare Fuori', conosce bene il valore della cultura nei percorsi di crescita dei giovani: “La cultura ci rende liberi e ci permette di non subire la realtà. È uno strumento di emancipazione e di riscatto” e, a proposito dei paragoni con il personaggio della serie ambientata nel carcere minorile di Napoli, aggiunge: “Le due storie hanno la stessa anima e gli stessi valori, ma si muovono su piani diversi. In 'Mare Fuori' il comandante interviene dopo, quando il danno è già fatto; in 'Noi del Rione Sanità' don Giuseppe agisce prima, costruendo spazi e alternative per i ragazzi.”

Un ruolo che colma un vuoto istituzionale nel territorio: “Le istituzioni sono fondamentali nei luoghi rassegnati o abbandonati, perché rappresentano punti di riferimento concreti. Non sono solo costruttrici di sogni, ma di esseri umani.” Guardando alla sua città, l’attore vede segnali di cambiamento ma anche molte criticità: “Napoli è cambiata, ma il disagio dei giovani resta un tema complesso. Spesso nasce all’interno delle famiglie o da modelli sbagliati. Bisogna rimettere al centro scuola, arte e cultura: sono gli unici strumenti che abbiamo per cambiare davvero le cose. È quello che ha fatto il nostro don Giuseppe.”

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