Sanità integrativa: cosa significa, come funziona, chi vi ha accesso

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AGI - Nel dibattito sulla tenuta del welfare italiano, la sanità integrativa occupa un posto sempre più rilevante. Ma cosa si intende esattamente? E in che modo si distingue sia dalla sanità pubblica, sia da quella privata? In un contesto segnato dall'invecchiamento della popolazione, dalla riduzione della spesa pubblica e da una domanda crescente di prestazioni sanitarie, si discute sempre più spesso della necessità di un sistema che affianchi il Servizio Sanitario Nazionale, senza sostituirlo.

La sanità integrativa nasce con questa funzione: offrire un supporto collettivo e mutualistico ai lavoratori, con prestazioni sanitarie aggiuntive o complementari rispetto a quelle garantite dallo Stato. Cesare Damiano, già ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale nel secondo Governo Prodi, è il nuovo Presidente di ONWS, l'Osservatorio Nazionale Welfare & Salute e con lui proviamo a chiarire i contorni del sistema, analizzarne le criticità e ragionare sulle prospettive di riforma. 

Cos'è la sanità integrativa e in cosa differisce da quella privata?

In sintesi, è l'aggettivo stesso a spiegare la differenza. Seppur organizzata privatamente, la prima è complementare, su base collettiva e mutualistica, alla Sanità pubblica. Essa è basata sulla contrattazione collettiva e sui fondi sanitari che ne scaturiscono e non ha come obiettivo il profitto. Quella privata è, invece, gestita da imprese che offrono coperture assicurative in cambio di premi d'iscrizione.

Sanità pubblica e integrativa sono in competizione o possono essere complementari?

Devono essere complementari proprio in base al principio appena illustrato. Il Sistema Sanitario Nazionale è uno dei pilastri fondamentali del nostro Stato e, più in generale, di una moderna democrazia. La spesa sanitaria è una delle voci più importanti di uno Stato moderno e non è certo un dato positivo che in questi anni diminuisca progressivamente come percentuale del Pil. L'esperienza del Covid ci ha però mostrato che il sistema sanitario, fondamentale per la salute degli italiani in un'ottica universalistica e solidaristica, da solo non è sufficiente a rispondere a tutte le esigenze. È necessario quindi strutturare un sistema di sanità complementare che collabori con il Sistema sanitario nazionale uscendo dalla logica del conflitto e imboccando una nuova via di collaborazione e integrazione. Questo nuovo atteggiamento è fondamentale anche e soprattutto in riferimento al gelo demografico e all'invecchiamento della popolazione. L'obiettivo di assicurare la sostenibilità del sistema di welfare universale, sancito, non dimentichiamolo, dalla Costituzione, spinge lo sviluppo del welfare complementare, che è divenuto uno degli strumenti della contrattazione collettiva, sia a livello nazionale che decentrato, che sia territoriale o aziendale.

In Italia quanti possono permettersi la sanità integrativa?

Solamente nei rinnovi contrattuali tra il 2010 e il 2020 lo sviluppo delle relazioni sindacali ha portato a generalizzare il tema del welfare nella contrattazione collettiva prevedendo, oltre alla volontarietà dell'iscrizione per il lavoratore dipendente, che in alcuni contratti è rimasta, anche l'obbligatorietà dell'iscrizione di tutti i lavoratori dipendenti della categoria prevedendo anche la contribuzione obbligatoria interamente a carico dell'azienda. Nel corso del secondo decennio il numero degli iscritti si è più che quadruplicato, se consideriamo che nel 2010 gli iscritti erano 3,3 milioni, mentre il Terzo rapporto 2021-2023 “I fondi sanitari integrativi in Italia” del Ministero della Salute del luglio 2024, certifica che nel 2023 i Fondi iscritti erano 324 (erano 267 nel 2010 e 300 nel 2015) a cui aderiscono 16,3 milioni di iscritti. Le prestazioni erogate assommano a circa 3,2 miliardi di euro. Sono 13 i Fondi di tipologia A, con 23.500 iscritti e 1,16 milioni di prestazioni sanitarie erogate, mentre sono 311 quelli di tipologia B, con 16,25 milioni di iscritti. Rispetto al totale di 16,3 milioni di iscritti, sono 13,4 milioni i lavoratori, 2,3 milioni i familiari dei lavoratori e 516mila i pensionati e i relativi familiari.

Cos'è l'elusione contributiva e come si può combattere?

L'evasione contributiva, fattispecie peraltro ulteriormente specificata nell'articolo 30 della la legge 29 aprile 2024 n. 56 di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024 n. 19, “cosiddetto decreto Pnrr”, si ha quando non vengono versati i contributi relativi a una prestazione di lavoro mediante l'occultamento dei rapporti di lavoro in essere. Esiste una correlazione tra iscrizione alla Sanità complementare e riduzione dell'evasione contributiva riconducibile all'area del lavoro nero e non regolare. Anche per questo è auspicabile l'aumento del numero degli iscritti che, come già detto, produce un effetto positivo anche in termini di riduzione dell'elusione o evasione contributiva. Ci auguriamo che questo obiettivo sia compreso nell'ambito del riordino del settore attualmente in discussione in Parlamento.

Il sistema italiano è migliorabile? Quali sono le esperienze straniere a cui avrebbe senso guardare?

L'attuale quadro normativo, frammentario e lacunoso, fa emergere la necessità di un disegno riformatore che risolva i limiti e la scarsa omogeneità delle disposizioni vigenti. Ciò che manca, ancora, per quel che riguarda la sanità complementare, è una legislazione di sostegno analoga a quella che ha accompagnato lo sviluppo del secondo pilastro previdenziale. Le regole interne di funzionamento dei Fondi sono definite dai diversi statuti e regolamenti, poiché non esiste una normativa unitaria. Anche le modalità con cui vengono fornite le prestazioni agli iscritti sono diversificate. In sintesi, è evidente la necessità di un intervento di riordino legislativo che affronti, in particolare i temi della vigilanza sui Fondi Sanitari, degli organismi di governance di cui si devono dotare gli stessi, dell'equiparazione dei Fondi Sanitari, oggi distinti in doc e non doc, dei relativi ambiti di operatività, dell'aumento della platea dei beneficiari. Ogni progetto di riforma deve ovviamente garantire la sostenibilità del sistema, valorizzando l'alleanza strategica tra settore pubblico e privato. Per quanto riguarda altri paesi europei, sia la Germania, sia la Francia hanno sistemi sanitari statali molto diversi da quello italiano, basati sul modello Bismarck delle assicurazioni sociali, che tendenzialmente coprono solamente quelli che lavorano, mentre la Spagna ha un sistema simile al nostro basato sull'assistenza sanitaria universale: il cosiddetto modello Beveridge. In ogni caso si tratta di Paesi che hanno una spesa sanitaria rispetto al Pil superiore a quella dell'Italia. Il paragone risulta quindi complicato oltre che fuorviante.

 

 

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