AGI - Mentre i promotori dei cinque referendum dell'8 e 9 giugno intensificano gli appelli alla partecipazione, cade il tabù del 50 per cento più uno. Un traguardo di cui fino a ieri si parlava quasi sottovoce ma che oggi diventa parola d'ordine.
"Il nostro obiettivo è raggiungere il quorum", dice per primo il leader Cgil Maurizio Landini auspicando che "la maggioranza dei cittadini vada a votare perché, in questo modo, possiamo cancellare quelle leggi balorde che sono state fatte. I referendum noi li abbiamo organizzati per questo".
Poco dopo fa eco la segretaria del Pd: "Noi siamo impegnati a raggiungere quel quorum". Insomma, altro che asticella al 40 per cento: si punta a vincere.
Clima positivo e partecipazione
Un cambio di registro che, a scandagliare fonti del Pd, sembra dovuto al clima positivo avvertito durante la campagna referendaria che sta portando i leader di Pd, M5s e Avs in giro per l'Italia. Non si tratta di sondaggi, precisano, quanto di un interesse montante, specie per i quesiti su lavoro e precarietà.
Decisiva, spiegano dal Nazareno, sarebbe stata l'idea di Giorgia Meloni di presentarsi alle urne senza ritirare la scheda. Una strategia "difficile da comprendere anche per gli elettori di Meloni", viene spiegato, e che potrebbe far lievitare il numero dei partecipanti.
"Molti elettori di Meloni andranno a votare perché, a parte il tentativo del governo di silenziare il referendum, sono quesiti semplici che rendono l'Italia più giusta per chi lavora o per chi nasce e cresce in questo Paese", sottolinea la leader dem.
Conte accusa: “E' un imbroglio”
Non a caso Schlein e il presidente del M5s, Giuseppe Conte, stanno battendo da ore — da quando Meloni ha detto "vado al seggio, ma non ritiro le schede" — sullo stesso tasto.
"Io spero che l'Italia ci sorprenda con una grande partecipazione e trovo grave l'invito della destra a disertare, dimostrazione che hanno paura di temi fondamentali", dice la leader dem.
Per Conte quello di Meloni "è un imbroglio. Se fossi un elettore di Meloni mi sentirei imbrogliato. Ricordiamo che si vota ed è importante partecipare. Rimanere a casa è una grande occasione persa di democrazia".
Parola d'ordine: unità
L'altra parola d'ordine che viene ripetuta fra gli esponenti del 'tridente' Pd-M5s-Avs è "unità".
Nonostante le diverse sensibilità con cui ci si approccia all'appuntamento di domenica e lunedì, i leader in campo evitano polemiche e distinguo. Il presidente del M5s, ad esempio, pur non condividendo il quesito sulla cittadinanza agli stranieri, afferma che voterà per il Sì.
Il quesito referendario sulla cittadinanza "a me non è piaciuto, la ritengo una fuga in avanti perché offre solo la possibilità di dimezzare i tempi, da 10 a 5 anni, per ottenere la cittadinanza, ma dietro non c'è alcun processo di integrazione, non c'è alcun reale percorso per poter accogliere i migranti. Io non lo avrei promosso", ammette Conte per poi aggiungere: "A titolo personale voto sì ma non lo ritengo la migliore soluzione".
Lo Ius Scholae e la Corte Costituzionale
Il M5s, d'altra parte, ha da tempo depositato in Parlamento una proposta di legge per lo Ius Scholae, che lega l'ottenimento della cittadinanza al completamento dei cicli scolastici.
Tema sul quale oggi è intervenuta la Corte Costituzionale sull'istanza cautelare presentata da Riccardo Magi, segretario di Più Europa e rappresentante del Comitato Promotore Referendum Cittadinanza, con cui chiedeva la revisione del regolamento della Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi radiotelevisivi in merito all'informazione relativa ai referendum dell'8 e 9 giugno.
"Rispettiamo ovviamente il lavoro e la decisione della Corte sulla nostra richiesta di adottare misure cautelari, che per noi sarebbero state necessarie, ma siamo consapevoli che a pochi giorni dal voto non sarebbero state facilmente individuabili", dice Magi. Poi aggiunge: "Siamo comunque in attesa fiduciosi della sentenza di merito, perché riteniamo che la delibera Rai non garantisca adeguato spazio al Comitato Promotore, che è potere dello Stato e rappresenta la volontà di 637 mila elettori".
Renzi attacca il referendum
A fronte dell'unità predicata e praticata dal pacchetto Pd-M5s-Avs si registra, tuttavia, l'agitazione del 'padre' del Jobs Act che vede la propria creatura sotto attacco.
"Quella della Cgil è un'operazione ideologica e propagandistica", accusa Matteo Renzi. "Se Landini facesse opposizione alla Meloni come continua a farla a me, sarebbe un passo in avanti per i lavoratori".
Il leader Cgil ribatte spiegando che il referendum chiede cose molto precise per migliorare la vita di chi lavora, ovvero "che di fronte a un licenziamento ingiusto, una persona possa tornare al suo posto di lavoro".