Quaranta anni fa lo scudetto, il mito del Verona di Bagnoli rivive oggi alla Camera dei Deputati

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AGI - "Muy bueno!" Parole profetiche quelle di Diego Maradona. Era l'ottobre 1984 e il Pibe de Oro era appena sbarcato in Italia. L'esordio non fu positivo per il Napoli, sconfitto 3-1 da una squadra finita ottava nella stagione precedente: l'Hellas Verona. Quel "molto bello" era un commento al gioco degli scaligeri allenati da Osvaldo Bagnoli. Una squadra di outsider se paragonata alla Juventus di Platini, all'Inter di Rummenigge e allo stesso Napoli di Maradona. Una squadra di campioni: il 12 maggio 1985, l'Hellas vinse lo scudetto con una giornata di anticipo.

Il libro: "Lo Scudetto del Verona"

A quarant'anni dall'impresa, alcuni dei protagonisti hanno varcato la soglia della Camera dei Deputati per la presentazione del libro di Paolo Condò e Adalberto Scemma, "Lo scudetto del Verona". Quei giocatori "venivano definiti scarti", ricorda Condò, "ma si trattava di una squadra che due anni prima si era classificata quarta e che giocava le coppe".

C'era però bisogno di due innesti pesanti. Arrivarono nell'estate 1984 dalla Germania e dalla Danimarca: Hans-Peter Briegel e Preben Elkjaer Larsen. Nomi che completano il mosaico messo insieme da mister Osvaldo Bagnoli.

Verona come il Leicester? Non proprio

Decenni dopo, è stato il Leicester di Claudio Ranieri ad essere paragonato a quel Verona. Un errore, per Paolo Condò. I giocatori di quel Verona, dice il co-autore del libro, "erano definiti scarti solo da chi doveva giustificare il fatto di non averne capito il valore. C'era molto talento in quella squadra. Il Leicester appartiene alla categoria dei miracoli: la vittoria del Leicester in Premier League era data dai bookmakers cinquemila a uno, come l'apparizione del mostro di Lochness o lo sbarco degli alieni. Invece quel Verona era una squadra forte".

Il ricordo del presidente Fontana

Un'impresa che è anche il primo ricordo di un tifoso. Lorenzo Fontana aveva cinque anni quel giorno di maggio 1985. "Ero sulle spalle di mio padre a festeggiare", ricorda il presidente della Camera. "Mi hanno preparato il discorso, ma qui non si può parlare leggendo un discorso. Qui si va sui sentimenti", avverte la terza carica dello Stato guardando alle prime file della sala della Lupa, dove siedono i protagonisti dello scudetto: Antonio Di Gennaro, Pierino Fanna, Giuseppe Galderisi, Luigi Sacchetti, Roberto Tricella, Domenico Volpati.

"Per la prima volta sono io in piedi e loro seduti, dopo tante volte in cui li guardavo correre. Nel 1985 avevo cinque anni e i primi ricordi di infanzia sono legati allo scudetto del Verona. Ero sulle spalle di mio papà, che ora non c'è più. Vedevo questa piazza piena, con le bandiere dell'Hellas a ogni finestra. Ero un po' impaurito. Con mio papà abbiamo girato con l'Alfasud color mattone suonando il clacson. Tutti i veronesi si ricordano dove stavano e cosa facevano quel giorno. Ricordo la radio che parlava del 'miracolo di Garella' e io che correvo da mia madre gridando 'Mamma, miracolo di Garella!'. Sono convinto che conti molto ricordare quel 1985 alle prossime generazioni".

I protagonisti di quell'impresa

A distanza di quattro decenni è ancora commosso il ricordo di Giuseppe "Nanu" Galderisi: "Vincere a Verona... Ricordo la corsa dal ristorante fino a piazza Bra. Lacrime e gioia, un momento meraviglioso. C'erano bambini e ragazzini che ci riconoscevano con un amore e una passione che a me hanno toccato moltissimo. Dopo 40 anni è la prima volta che mi sento di nuovo a casa, veramente".

Piero "Pierino" Fanna, centrocampista della squadra: "Tre anni che sono stati i più belli della mia carriera e non solo. In quel periodo ho trovato tre mie famiglie: quella privata che ho costruito, la società e i nostri grandi tifosi".

Il dottor Domenico Volpati: "Voglio ricordare questo sentimento di gratitudine profonda che ha Verona nei nostri confronti: abbiamo visto la gente piangere, che ci ringrazia. Questa è la grande differenza che ha fatto la nostra squadra, rispetto alle altre. Questo ha lasciato un segno in noi. Un grande ringraziamento a Osvaldo Bagnoli: l'ho avuto come allenatore ed è riuscito a farmi spostare la laurea di otto anni. Dovevo laurearmi prima, sono diventato medico otto anni dopo, ma devo dirgli grazie per questo. C'era empatia e la voglia di mettersi a disposizione per l'altro, senza volere sentirsi dire grazie", ricorda ancora Volpati.

Quattro parole per un'impresa irripetibile

Chi quell'impresa la raccontò in diretta, seguendo il Verona passo dopo passo, è Adalberto Scemma, che ricorda: "Pochi uomini, veri. Ma è talmente anomalo quello scudetto che per raccontarlo dovrei essere inventore di neologismi come Gianni Brera o un cacciatore di storie come Edoardo Galeano. Il dovere della sintesi mi impone di farlo con quattro parole.

Ricordo: re-cor, ovvero ripassare dalla parte del cuore, con i fotogrammi: pensiamo al volo del "gabbiano" di Garella a San Siro e agli stivali delle sette leghe di Fanna, davvero incredibile quell'anno.

La seconda parola è nostalgia: il ricordo e il dolore per qualcosa che... Volpati è uno sciamano, nello spogliatoio di Bergamo aveva visto tutto, l'importanza di questa impresa.

La terza parola non può essere che saudade: la presenza dell'assenza. Dopo quarant'anni ci troviamo a raccontare non la leggenda, che è qualcosa di fermo, ma il mito, che invece si ingigantisce e si trasforma dentro di noi.

La quarta parola non ha bisogno di commento, è una parola di tre sillabe che ripassiamo tutti i giorni: Ba-gno-li. Non serve dire di più."

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