AGI - Il "primo di molti". In quel "#1st of many", vergato sulla telecamera di Miami dopo la vittoria del suo primo Master 1000 contro l'idolo-mentore Nole Djokovic, trionfo che, a 19 anni lo ha issato alla 24 posizione del mondo, sono condensati grinta e carattere di Jakub Mensik, il quarto più giovane ad accaparrarsi un 1000 dopo Chang, Nadal, Alcaraz e Rune. Nonché il primo ceco a farcela venti anni dopo Tomas Berdych.
Le origini e l'ispirazione di Berdych
Era il 2005 quando Berdych alzò la coppa a Parigi Bercy, fatalmente lo stesso anno in cui nasceva a Prostejov, a 80 chilometri di distanza da Valaske Mezii', la città di Berdych, quello che ora è un ragazzone alto 1.93 che tira bordate con il servizio, il dritto e il rovescio bimane e sfoggia una veronica che ricorda un certo Adriano Panatta. Se dopo Draper, Safiullin, Fils e Fritz, Djokovic è l'idolo "ucciso" spietatamente nel giorno in cui si preparava a vincere il suo centesimo titolo Atp, è dal campione connazionale che tutto parte.
Perché a Prostejov, nella Repubblica Ceca, a soli 100 metri di distanza da casa Mensik c'era una scuola che aveva campi da tennis accanto al parco giochi, e poco più in là campeggiava un club privato di un certo prestigio, con un cartello in bella vista all'ingresso: "Cerchiamo i nuovi Petra Kvitova e Tomas Berdych".
La scoperta del tennis e le ambizioni giovanili
Detto fatto: il piccolo Jakub andò da suo padre Michael, un informatico che ha giocato a hockey su ghiaccio e dalla mamma, che lavora nel marketing ed è stata una buona sciatrice e chiese di essere iscritto a quella scuola tennis. "Guardavo i ragazzi del quartiere giocare a tennis e osservavo anche i bambini piccoli intenti ai loro primi allenamenti, stavano iniziando la loro carriera tennistica", racconta Mensik al sito ATP. "Mi affascinava quello sport, anche se guardavo molto il basket" ha raccontato il campione ceco che ancora oggi è un grande fan della NBA e dei Golden State Warriors". Diventare Berdych e anche di più è sempre stato il suo obiettivo: "Ha sempre desiderato diventare un tennista professionista, il suo obiettivo è sempre stato vincere tutti gli Slam ed essere il numero 1" ha raccontato papà Michal". Dichiarazioni d'intenti che ricordano quelle di un certo Sinner da bambino.
Il primo maestro e la formazione
Il primo maestro del ceco è stato Ivo Muller, per il quale Jakub e anche i suoi hanno una riconoscenza infinita. "Era un uomo eccezionale, il migliore, perché oltre a saper insegnare il gioco riusciva a far nascere il giusto amore per il tennis nei bambini piccoli" - ha raccontato papà Michal - e ha anche insegnato ai genitori ad essere buoni genitori di un tennista", aspetto tutt'altro che secondario. Muller è morto nel 2013 dopo una battaglia contro il cancro, un lutto che ha colpito duramente Mensik che all'epoca aveva solo sette anni.
Il team attuale e la carriera junior
A Muller è subentrato il coach Tomas Josefus che lo segue tuttora, a capo di un team dove è prezioso lo psicologo serbo Dragan Vujovic che lo sta aiutando a mantenere la calma nei momenti cruciali dei match. E hanno lavorato bene considerando che il neocampione di Miami, professionista da soli tre anni, è stato uno dei migliori juniores del mondo e che quattro anni fa ha giocato il primo match di qualificazione di un torneo Atp grazie a una wild card.
Dal fan allo sfidante di Djokovic
Era stata proprio una sua prestazione epica da junior ad avvicinarlo al suo idolo serbo: nel 2022 perse la finale juniores degli Australian Open sconfitto più dai crampi che dal Bruno Kuzuhara, uscendo dal campo in sedia a rotelle e dichiarando in conferenza stampa che la sua fonte di ispirazione era sempre stata Djokovic, esternazione che colpì il serbo, con relativo invito a Belgrado, in formato sparring partner. Lo sparring ceco fu convocato anche l'anno seguente a Wimbledon ma poi il ruolo deve aver cominciato ad andargli stretto. L'anno scorso, quando lo ha incontrato per la prima volta nei quarti di finale a Shangai perdendo in tre set ha detto che era lì solo per godersi il momento, alla vigilia della finale di Miami ha dichiarato che era pronto a fare sul serio. Un po' come quando, da bambino, decise che sarebbe diventato il nuovo Berdych.