AGI - Non lo cita espressamente, Sergio Mattarella, ma è impossibile non ascoltare il leit motiv del suo discorso al Corpo Diplomatico senza che venga in mente il racconto evangelico del ricco epulone, che teneva sotto il tavolo il povero Lazzaro a litigarsi coi cani le briciole del suo banchetto.
Come finì l’epulone lo dice Luca, e non c’è bisogno di aggiungere altro. Se non che, in un mondo dove le corporazioni internazionali vivono le regole con l’insofferenza di chi si ritiene al di sopra di esse e dove il prepotente pretende di giustificare la sopraffazione, insofferente anch’egli alle regole che hanno garantito pace e sicurezza per otto decenni, il rischio della deflagrazione generale è assai alto.
Il Presidente della Repubblica riceve il Corpo Diplomatico per gli auguri di Natale, come da tradizione, e trasforma l’appuntamento in una dura riflessione sullo stato delle relazioni internazionali, messe in pericolo dalla emergente cultura della sopraffazione che parte, e non è un caso, dalla negazione della centralità del diritto e della struttura che lo incarna: l’Onu.
"Rispetto dell'integrità nazionale in Ucraina"
“È il quarto Natale di guerra per il popolo ucraino. Si moltiplicano gli attacchi russi alle città e alle infrastrutture civili ed energetiche. Le vittime civili sono sempre più numerose", spiega il Capo dello Stato, e la sua è la premessa ad un enunciato assai chiaro e difficilmente fraintendibile: "L'Europa e l'Italia restano saldamente al fianco dell’Ucraina e del suo popolo, con l’obiettivo di una pace equa, giusta e duratura, rispettosa del diritto internazionale, dell’indipendenza, della sovranità, dell’integrità territoriale, della sicurezza ucraine". Sia chiaro: pace giusta e rispettosa dell’integrità nazionale.
"Rafforzare i segnali di pace in Medio Oriente"
Ugualmente in Medioriente, dove occorre rafforzare i primi segnali di pace, il pensiero è “costantemente rivolto” agli abitanti della Striscia di Gaza, “martoriata per due anni da inumana violenza, innescata dalla barbarie di Hamas e alimentata da una lunga guerra”.
“Si sono aperti spiragli importanti”, scandisce “molto resta ancora da fare per consolidare il cessate il fuoco ed evitare che si dissolva, per ripristinare pienamente gli aiuti umanitari a una popolazione stremata, per avviare la ricostruzione".
Resta chiaro, pertanto, che “l’auspicio più ampio è quello di vedere affermarsi nella regione mediorientale pace e stabilità. Questi traguardi non possono prescindere dalla pacifica coesistenza, nella sicurezza, dei popoli israeliano e palestinese, nella cornice della soluzione a due Stati, che occorre sostenere e difendere da qualsiasi tentativo di comprometterne la praticabilità. Non ve ne sono altre".
La prolusione all'università di Marsiglia
Non è la prima volta che il Presidente della Repubblica interviene così esplicitamente. A febbraio lo fece con una prolusione all’Università di Marsiglia, più tardi ha ripetuto l’allarme in un viaggio in Slovenia e poi a Berlino e a Vienna.
Più volte ha puntato l’indice contro i capitani delle corporazioni che si muovono da capitani di ventura, spesso ha alzato la voce contro l’irresponsabilità che rischia di trascinare il Pianeta in un nuovo 1914.
Oggi, di fronte ai rappresentanti di oltre 150 governi (che non mancheranno di riportare le sue parole nei rispettivi dispacci), è stato ancora più esplicito, andando al cuore del problema.
“L’agenda internazionale appare nutrita di conflitti, di migrazioni, di misure protezionistiche che producono contrapposizione”, ha detto loro, “Occorre riformarne le priorità: pace, sviluppo, eguaglianza, sicurezza alimentare, contrasto alla povertà, al cambiamento climatico, collaborazione nel libero commercio. Non è accettabile un mondo con pochi predestinati seduti a banchetto e molti altri destinati a sperare di ricavarne alcune briciole”.
La crisi dell'equilibrio internazionale
Nel 1945 fu stabilito un nuovo equilibrio, con lo scopo dichiarato di evitare la deflagrazione di un nuovo conflitto mondiale. Oggi, naturalmente, molto di quell’impianto richiede una ristrutturazione, soprattutto per ampliarne la portata democratica. Certo non per indebolirne il principio fondante, che è quello della coesistenza pacifica basata sul diritto e la garanzia di ognuno. E invece quattro anni fa "un protagonista della comunità internazionale, la Federazione russa, ha, sciaguratamente, scelto" di ripristinare "con la forza l’antistorica ricerca di zone di influenza, di conquista territoriale, di crudele prepotenza delle armi".
La critica alla retorica del Cremlino
“Le generazioni globali che lottarono contro il nazifascismo in Europa, contro il colonialismo, contro i totalitarismi per rivendicare libertà e diritti, spesso anche a costo della vita, ricercando un progetto di collaborazione sfociato nella creazione dell’Onu – il più ambizioso tentativo nella storia dell’umanità di dare una cornice di regole alle relazioni internazionali – rischiano di vedere infranti, oggi, i loro sacrifici”, è la sconsolata osservazione che ne consegue, ma anche una implicita critica alla retorica del Cremlino.
“Un sistema, costruito per assicurare garanzie di pace e di convivenza - riflesso di equilibri lungamente discussi e negoziati –, entra in crisi quando qualche protagonista della vita internazionale lo infrange, ritenendo che non sia più funzionale alla prevalenza dei propri interessi, talvolta ondivaghi, e che questi debbano prevalere sui valori condivisi e sulle esigenze degli altri Paesi”, è l’avvertimento, “Entra in crisi quando si accampano presunte – e spesso fallaci - esigenze di sicurezza per alterare la bilancia strategica”.








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