AGI - Per chi è stato adolescente negli anni Settanta, per chi stringeva timidamente la ragazza dei suoi sogni ballando “If you live me now” dei Chicago nelle feste del sabato pomeriggio, per chi non dimenticherà mai la prima volta che ha ascoltato dal vivo Stevie Wonder o Michael Jackson, la prescrizione teatrale per rivivere tutte quelle emozioni si chiama “Volevo fare il musicista”, lo spettacolo di Riccardo Rossi che ha debuttato il 26 dicembre al teatro Parioli Costanzo di Roma e sarà in scena fino al 12 gennaio.
In un'ora e mezza di musica, battute e buonumore Rossi insieme a una band di dieci elementi tra cui spicca la voce di Riccardo Rinaudo che a inizio show conquista il pubblico con Burt Bacharach, racconta al pubblico il suo grande amore per la musica: nato con la ninna nanna di Brahms del carillon con le api appeso sopra alla culla, proseguito con le lezioni di pianoforte e culminato con la caccia (sempre riuscita) alle foto (scattate con la macchina fotografica quando il selfie era ancora uno sconosciuto) con i vari Quincy Jones, Pat Metheny, Leonard Bernstein e, tra gli altri gli Earth Wind and Fire.
Con il suo stile ironico ma sempre competente Rossi racconta i suoi incontri veri e virtuali con i miti della musica (c'è anche Domenico Modugno, suo vicino di casa con il quale negli anni Sessanta la famiglia Rossi condivideva il telefono duplex) e come la musica ha accompagnato le sue esperienze professionali e private, scandendo i passaggi esistenziali in cui il pubblico, soprattutto quello dei “boomer” può specchiarsi: le prime vacanze studio in Inghilterra (Rossi in realtà fu spedito a Vienna, per via degli studi di musica classica) la prima discoteca (quella del protagonista era il “Much more” di Roma, zona Parioli, a poche centinaia di metri dal teatro) le feste del sabato pomeriggio a casa con la nonna in cucina che criticava “quella musica da drogati” e quindi i concerti: “Stevie Wonder l'ho visto dal vivo quattro volte, la più assurda delle quali al Palaghiaccio di Marino, un concerto da vedere con i Moon Boot, tanto faceva freddo”. C'è spazio anche per un incontro (con immancabile foto ricordo) con Michael Bublè a casa di Rosario Fiorello e si chiude con un medley che fa ballare tutto il pubblico.