AGI - Un Welfare in salsa prussiana, uno Stato sociale inventato con oltre due secoli di anticipo detassando i beni di prima necessità come il pane e finanziando la misura con le imposte sul lusso: è quello che promosse Federico Il Grande, come racconta Claudio Guidi nel terzo dei quattro volumi della monumentale biografia di 2.100 pagine edita da Il Melangolo, appena uscito in libreria.
Il sovrano introdusse aliquote fiscali comprese tra il 2 e il 10% sui salari esentando gli operai e per assicurarsi che tutti pagassero fece arrivare dalla Francia i famigerati esattori, i 'fermier-ge'ne'raux'. Il saggista e giornalista abruzzese ha scavato negli archivi anche per questo volume su Federico II di Hohenzollern dedicato agli avvenimenti intercorsi tra la fine della Guerra dei Sette Anni nel 1763 e la prima spartizione della Polonia nell'agosto del 1772.
"Federico il Grande - Volume 3. Un re modello di giustizia, tolleranza e umanità" contiene anche un inedito testo che si riteneva perduto per sempre, in cui il sovrano rasenta la blasfemia immaginando con linguaggio crudo un dialogo nell'aldilà tra la Vergine Maria e Mme de Pompadour, che si trattano entrambe da sgualdrine con allusione a un testo ugualmente solforoso di Voltaire, secondo il quale un bel soldato romano di nome Pantera avrebbe messo incinta Maria.
A dominare il volume è però il Federico che, dopo aver dato prova delle sue straordinarie capacità di condottiero militare, si rivela in quei nove anni un eccelso e innovativo statista, ponendo riparo alle distruzioni causate dalla guerra e assicurando la stabilità delle finanze pubbliche. Quando Federico il Grande chiude per sempre gli occhi, il 17 agosto 1786, lascia un attivo di bilancio di 51 milioni di talleri, una cifra colossale equivalente a molti miliardi di euro di oggi.
Uno dei pilastri dell'azione di governo di questo 'roi philosophe' è l'attenzione prestata all'istruzione, in particolare a quella dei contadini. Decreta infatti l'istruzione obbligatoria dai 5 ai 14 anni di età, crea scuole in ogni villaggio e arriva addirittura a concedere una paghetta ai piccoli scolari, per incoraggiare i contadini a far frequentare le lezioni ai loro figli, con punizioni severe per chi si sottrae a questo obbligo.
Uno dei pilastri dell'attività di governo di Federico il Grande è l'attenzione all'esercizio della giustizia, anche a costo di incarcerare giudici che sbagliano. Arriva invece anche a legittimare addirittura il furto, "se chi ruba muore di fame". D'Alembert e Diderot esultano anche per questo e nell'Encyclopedie arrivarono a definire il re di Prussia "il prodigio del XVIII secolo".