AGI - Non rispondiamo alle provocazioni di chi evoca dittatori per giustificare una posizione di convenienza politica come quella del blocco del terzo mandato dei governatori. È Matteo Salvini a 'dettare la linea' nel suo intervento di chiusura al Consiglio federale della Lega, in attesa del vertice tra i leader che dovrebbe tenersi nei prossimi giorni. Il riferimento del capo leghista è al collega vicepremier Antonio Tajani, che, in un'intervista radiofonica, ha ribadito la sua contrarietà di FI, con parole dure. "Due mandati sono sufficienti perché non servono incrostazioni di potere. Non è una questione di volontà popolare, anche Mussolini aveva vinto le elezioni, anche Hitler aveva vinto le elezioni", ha scandito il segretario 'azzurro'.
Durante la riunione a porte chiuse, l'irritazione dei leghisti nei confronti di Tajani è palpabile. È lo stesso Salvini a sollevare l'argomento, chiedendo, però, ai suoi di evitare di alzare il tiro. Il leader della Lega si dice soddisfatto dell'apertura a ridiscutere della rimozione del blocco ai tre mandati mostrata nei giorni scorsi da Fratelli d'Italia. Ma bisogna fare in fretta se si vuole approvare un provvedimento in tempo per le regionali venete (che il Consiglio di Stato ha fissato in autunno) e ricandidare Luca Zaia. Se siamo veramente convinti, occorre fare subito, insiste.
Il dossier è stato affidato a Roberto Calderoli, incaricato di studiare la formula legislativa con cui proporre la modifica della legge del 2004 agli alleati. Il percorso del decreto viene considerato difficilmente praticabile: sarebbe necessario lavorare su un emendamento a un provvedimento o a un disegno di legge già all'esame del Parlamento, ma i tempi sono stretti (si ipotizza al ddl sui ballottaggi o il ddl sulle modifiche al numero di consiglieri e assessori regionali, al Senato).
I possibili scenari
La trattativa è delicatissima, e alcuni, tra dirigenti e governatori leghisti - come lo stesso Zaia, il ligure Edoardo Rixi, e il trentino Maurizio Fugatti - nei loro interventi, esortano Salvini a sollecitare un vertice tra i leader e porre "formalmente" il tema. Ma è il presidente della Conferenza delle Regioni, il friulano Massimiliano Fedriga, a chiedere prudenza. L'ordine di scuderia che arriva dalla riunione è 'non replicare alle provocazioni', vista la fragilità di un negoziato. Ora bisogna sedersi attorno a un tavolo con gli alleati e valutare le richieste di tutti. L'ipotesi è che un incontro tra i leader su questo tema possa tenersi presto.
Alcuni leghisti sono ancora dubbiosi. Il cambio di linea da parte di FdI non convince tutti nel partito. C'è chi ritiene ancora che sia una mossa tattica e teme una possibile 'trappola' di FI. Ma i governatori, in particolare alcuni, mostrano di credere all'apertura, manifestata da Giovanni Donzelli e Francesco Lollobrigida, tanto più dopo l'incontro tra Fedriga e Giorgia Meloni. Poi c'è il tema delle 'compensazioni' che potrebbero chiedere gli alleati in caso di via libera alla ricandidatura di Zaia. Gli ex lumbard sanno che la condizione che FdI porrà sarà un patto di ferro sulla Lombardia: vada per il Veneto e per il Friuli di Fedriga ma in FdI nessuno sarebbe disposto ad accettare un terzo mandato del leghista Attilio Fontana.
Il 'nervosismo di Tajani' è, nella riunione, la leva per convincere i dubbiosi dell'affidabilità dell'apertura di FdI: alza i toni, è il ragionamento, per aumentare la posta della possibile richiesta di compensazione di FI. Sul tavolo non ci sono solo le candidature alle regionali, ma anche le amministrative, a Verona, Roma o Milano, nel 2026 e 2027. Potrebbero interessare gli 'azzurri', viene osservato. Ma allargare la trattativa a scadenze così in là nel tempo - in Lombardia si dovrebbe votare dopo le politiche nel 2028 - agita le acque anche in FdI, con alcuni dei lombardi che, tra buvette e Transatlantico, manifestano disappunto. "Possiamo fidarci di uno come Salvini e dargli il Veneto ora, in cambio della Lombardia fra tre anni?" è la domanda che divide il partito.