Guida alla giornata in Borsa (9 gennaio)

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AGI - A dieci giorni dall'insediamento del presidente eletto alla Casa Bianca, l'effetto Trump si fa sentire con forza sui mercati, mentre la Fed, nelle sue minute di dicembre, ha confermato che i banchieri centrali americani già dal mese scorso avevano indicato che il ritmo dei tagli dei tassi potrebbe iniziare a rallentare o addirittura fermarsi proprio per contrastare le eventuali politiche inflattive trumpiane. Intanto stamani le vendite di azioni sono continuate, con la maggior parte degli indici azionari asiatici in calo e lo yen e lo yuan che si sono rafforzati, mentre il dollaro è rimasto stabile, dopo che la banca centrale cinese ha messo all'asta a Hong Kong titoli di Stato a sei mesi per un valore di 60 miliardi di renminbi (8,2 miliardi di dollari), per sostenere lo yuan, sceso ieri ai minimi da 16 mesi. Sul fronte obbligazionario il rendimento dei titoli del Tesoro decennali Usa è arretrato oggi sotto al 4,7%, dopo essere schizzato ieri al 4,73%, il picco dall'aprile scorso. Anche i future a Wall Street girano in negativo, dopo che ieri i tre indici di New York avevano chiuso poco mossi, sulla scia dei toni da 'falco' dei verbali Fed e dopo che è emerso che Trump sta valutando la possibilità di dichiarare un'emergenza economica nazionale per fornire una giustificazione legale all'aumento dei dazi. Insomma, l'azionario scricchiola a livello globale e anche l'obbligazionario è in turbolenza, specie in Gran Bretagna, dove ieri i titoli di Stato hanno subito una grossa svendita, con il tasso del 10 anni che si è impennato di 20 punti, per la crisi di fiducia nella salute economica e fiscale del bilancio pubblico del Regno Unito. "Alcuni hanno parlato della possibilità di una replica dell'episodio mini budget Truss/Kwarteng che ha dato vita a scene così drammatiche nei titoli di Stato britannici nel settembre 2022", ha commentato Chris Weston, stragist di Pepperstone. "È chiaro che c'è motivo di osservare attentamente il mercato obbligazionario del Regno Unito, e la tendenza recente è certamente preoccupante", ha aggiunto.

 

In generale in Asia le Borse cinesi sono deboli, sia a Shanghai sia ad Hong Kong, dove si sono appiattite dopo i dati sull'inflazione in Cina, i quali hanno mostrato scarsi miglioramenti nella disinflazione l'anno scorso, nonostante Pechino abbia distribuito la serie piu' aggressiva di misure di stimolo dalla fine di settembre. Chiude a -0,87% la Borsa di Tokyo, dopo che i dati positivi sui salari a novembre in Giappone hanno contribuito al timore che l'inflazione possa aumentare nei prossimi mesi, dando alla Boj un ulteriore impulso a rialzare ulteriormente i tassi di interesse. Inoltre e' arretrata la Borsa di Sydney dopo i deboli dati sulle vendite al dettaglio a novembre, mentre l'indice di Seul è l'unico positivo in Asia. Tornando agli Usa, dopo le minute Fed e dopo i sussidi settimanali di disoccupazione inaspettatamente scesi ieri, sono previsti gli interventi di diversi banchieri centrali americani, tra cui Barkin, Shmid e Bowman, mentre domani usciranno gli attesi dati sul mercato del lavoro a stelle e strisce, per i quali la previsione è quella di un rallentamento delle assunzioni Usa a 160.000 unita', dopo le +227.000 unità di novembre. Tutto ciò dovrebbe rafforzare il convincimento della Fed che il mercato del lavoro sta rallentando a un ritmo tale che non le richiedera' di affrettarsi a tagliare i tassi. In compenso la Bce prezza invece almeno 4 tagli quest'anno e i trader scontano al 30% anche una quinta sforbiciata in Europa. Sul fronte azionario i future sull'EuroStoxx oggi sono piatti, dopo che ieri le Borse europee hanno chiuso deboli e miste, a eccezione di Milano che ha terminato le contrattazioni in controtendenza. Anche sui mercati del Vecchio continente pesa il timore dei dazi Usa, mentre la sterlina e' scesa dello 0,9% rispetto al dollaro e l'euro e' arretrato dello 0,5% sotto quota 1,03. In Asia i prezzi del petrolio si sono stabilizzati stamani, dopo una aver chiuso in calo a New York, pressati dal dollaro forte e da grandi accumuli di scorte di carburante negli Stati Uniti. Intanto oggi usciranno i dati sull'inflazione regionale in Germania a dicembre e quelli sulla produzione industriale tedesca

 

Fed: "In minute banchieri centrali cauti sui futuri tagli dei tassi"

I funzionari della Federal Reserve hanno indicato che la banca centrale statunitense dovrà adottare un "approccio cauto" nel tagliare ulteriormente i tassi di interesse a causa del rischio crescente che l'inflazione rimanga persistentemente superiore al suo obiettivo del 2%. E' quanto emerge dai verbali della riunione di dicembre, da cui trapela che i membri Fed sono preoccupati per i rischi di inflazione negli Stati Uniti. I funzionari hanno sottolineato l'elevata incertezza politica all'inizio della seconda presidenza di Donald Trump e hanno indicato che il ritmo dei tagli dei tassi potrebbe iniziare a rallentare o addirittura fermarsi.

 

Cina: "Banca centrale lancia asta offshore record per sostenere yuan"

La Pboc, la banca centrale cinese, metterà all'asta a Hong Kong titoli di Stato a sei mesi per un valore di 60 miliardi di renminbi (8,2 miliardi di dollari), per sostenere lo yuan, che ieri era sceso ai minimi da 16 mesi e che oggi, dopo l'annuncio dell'asta, si è rafforzato. L'emissione, prevista per il 15 gennaio, prosciugherà la liquidità dello yuan offshore, aumentando i costi di finanziamento per i trader che vendono allo scoperto la valuta. Si tratta della più grande emissione di questo genere mai registrata da quando la PBoC ha avviato le aste di banconote in città nel 2018.

 

La Cina nel 2024 resta in deflazione, appesantita da una domanda interna persistentemente debole. E' quanto hanno mostrato oggi i dati ufficiali dell'ufficio nazionale di statistica, dai quali trapela che i prezzi al consumo nel 2024 sono aumentati appena, mentre i prezzi alla fabbrica sono restati in calo per il secondo anno consecutivo. A pesare sulla domanda, nonostante Pechino stia intensificando gli stimoli, è una combinazione di precarietà produttiva, di prolungata crisi immobiliare e di alti debiti, il tutto aggravato dalle minacce tariffarie da parte della nuova amministrazione del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump. L'indice dei prezzi al consumo (Cpi) annuo è aumentato dello 0,2%, in linea con il ritmo dell'anno precedente e ben al di sotto dell'obiettivo ufficiale di circa il 3% per l'anno scorso, il che suggerisce che l'inflazione ha mancato gli obiettivi annuali per il 13esimo anno consecutivo. A dicembre, l'indice dei prezzi al consumo è salito dello 0,1% anno su anno, attestandosi ai minimi da aprile, in linea con le attese e rallentando rispetto all'aumento dello 0,2% di novembre. L'inflazione di fondo, che esclude i prezzi volatili di cibo e carburante, è leggermente aumentata allo 0,4% il mese scorso, rispetto allo 0,3% di novembre, il livello più alto degli ultimi cinque mesi.

 

A monte, l'indice dei prezzi alla produzione e' sceso del 2,3% anno su anno a dicembre, più lentamente del calo del 2,5% di novembre e di un calo previsto del 2,4%. I prezzi alla fabbrica sono in deflazione da 27 mesi consecutivi. L'aumento dei prezzi al consumo e il ritmo più lento della deflazione industriale, secondo Julian Evans-Pritchard, responsabile di China Economics, suggeriscono che "gli stimoli politici stanno fornendo un certo sostegno alla domanda e ai prezzi". "Tuttavia - aggiunge l'analista - poiché il sostegno fornito dagli stimoli sarà probabilmente di breve durata, riteniamo che l'inflazione di fondo tornerà a scendere più avanti nel corso dell'anno".  

 

I problemi del Canada

La decisione di Justin Trudeau di dimettersi mette in difficoltà il Canada, che non ha più un piano riconoscibile per contrastare le minacce di Trump di incrementare del 25% le tariffe sull'importazione di tutti i suoi beni. Trudeau già nel 2018 aveva costruito un team bipartisan per contrastare le minacce di Trump. Tuttavia dopo che Trudeau ha gettato la spugna il fronte unito canadese si è frammentato. "Non sappiamo più chi parla oggi in nome del Canada", ha commentato Goldy Hyder, presidente del Business Council of Canada, un gruppo che rappresenta i dirigenti delle grandi aziende canadesi. Finora un Trudeau indebolito e impopolare ha almeno rappresentato un ostacolo collaudato contro Trump. Ora, gli analisti politici hanno affermato che Trump ha un'opportunità per andare ancora più duro con il Canada sul commercio e altre questioni come la spesa militare.

 

Il giorno dopo l'annuncio delle dimissioni di Trudeau, Trump ha alzato la posta in gioco, invitando il Canada a diventare il 51 stato degli Stati Uniti. "Canada e Stati Uniti dovrebbero essere un unico Stato", ha detto Trump, ma Trudeau ha replicato su X che "non c'è alcuna possibilità che il Canada diventi parte degli Stati Uniti". Il Canada è il secondo partner commerciale degli Stati Uniti dopo il Messico, secondo i dati dell'US Census Bureau. I due paesi hanno scambiato merci per un valore di circa 700 miliardi di dollari tra gennaio e novembre dell'anno scorso. In particolare, le case automobilistiche si basano su catene di fornitura americane, canadesi e messicane che verrebbero interrotte da nuovi dazi. 

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