Come ha fatto l'Uzbekistan a qualificarsi ai Mondiali di calcio

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AGI - La settimana scorsa le vie di Tashkent e Samarcanda si sono riempite di bandiere blu, bianche e verdi. Musica, cori, balli tradizionali. La gente è scesa in strada per festeggiare un risultato che per l'Uzbekistan è una novità: la qualificazione ai Mondiali di calcio, la prima nella loro breve storia, nata nel 1991. Non è solo un traguardo personale. I “Lupi Bianchi” sono diventati la prima nazionale dell'Asia centrale a staccare un biglietto così importante. È vero, da quando il numero delle nazioni ammesse alle finali è passato da 32 a 48, era probabile che si aggiungessero nomi insoliti e qualche debuttante, ma questo non sminuisce l'impresa degli uzbeki visto che, stavolta, la nazionale sarebbe riuscita a qualificarsi anche se il formato fosse stato lo stesso dell'edizione in Qatar.

Il pareggio per 0-0 ottenuto negli Emirati Arabi Uniti ha messo fine a un percorso lungo decenni, assicurando un posto tra le prime due squadre del Gruppo A nelle qualificazioni asiatiche. La gioia scoppiata subito dopo il triplice fischio non è un caso. Ma riflette una realtà chiara: il calcio in Uzbekistan sta crescendo e non è più il sogno di una piccola nazione ai margini del calcio. Il presidente, Shavkat Mirziyoyev ha parlato di “un risultato scritto a lettere d'oro nella storia dello sport nazionale”. Non succedeva da tempo che un evento sportivo unisse così tanto una nazione intera. 

I volti nuovi

Quel pareggio 0-0 vale oro, e non solo per il risultato in sé. A sigillarlo è stato un portiere che, nel momento più delicato, ha iniziato a respingere qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Utkir Yusupov. Uno che ha giocato, tanto, nelle squadre del suo Paese, il Navbahor Namangan su tutte e che dal 2024 si è trasferito in Iran. Sei parate decisive, l'ultima in pieno recupero, al 98', con cui salvare il punto e la qualificazione. A 34 anni suonati era la migliore soddisfazione che si potesse togliere.

Al centro di questo cambiamento ci sono altri talenti che stanno conquistando palcoscenici importanti in Europa. Il primo nome è quello di Abdukodir Khusanov, difensore centrale di soli 21 anni, imponente ma rapidissimo, che ha fato la storia diventando il primo giocatore uzbeko ad approdare in Premier League, al Manchester City. La sua velocità è impressionante e proprio questa caratteristica gli ha valso il soprannome “il treno”. La sua storia, passata per la Bielorussia e la Francia, Guardiola lo ha infatti pescato al Lens, è ancora tutta da scrivere. È arrivato in una stagione complicata per i citizens ma, già il prossimo anno, potrebbe avere più spazio (o farsi le ossa altrove).

Al suo fianco ci sono Eldor Shomurodov, capitano e attaccante della nazionale, che dal 2020 gioca in Serie A (Genoa, Cagliari e Roma), e Abbosbek Fayzullaev, uno dei giocatori più forti del CSKA Mosca, eletto miglior giocatore asiatico under 23 nel 2023.  

Ve lo ricordate Rivaldo?

Rivaldo, campione brasiliano nvisto in Italia con la maglia del Milan, ha avuto un capitolo di carriera forse poco noto ma decisamente curioso: ha giocato in Uzbekistan. Sì, non è uno scherzo. Tra il 2008 e il 2010, il fantasista brasiliano ha militato nel Bunyodkor di Tashkent, una squadra della Super League uzbeka, attirando l'attenzione internazionale su un campionato fino ad allora poco considerato.

All'epoca Rivaldo era nella fase avanzata della carriera per un calciatore di alto livello, 36 anni, ma l'offerta economica proposta dal club uzbeko era estremamente allettante e difficile da rifiutare. Il suo arrivo a Tashkent rappresentò un vero e proprio colpo mediatico per il calcio locale, una mossa strategica per aumentare visibilità e interesse attorno al campionato uzbeko. Nel 2009 divenne il primo straniero nella storia della Super League uzbeka a conquistare il titolo di capocannoniere, segnando 20 gol in campionato. Poi ci furono controverse legate ai pagamenti e il divorzio, dopo due anni, non fu semplicissimo.

Nonostante il valore mediatico e la presenza di una stella come Rivaldo, l'esperienza non portò però a un miglioramento significativo della nazionale uzbeka in termini tecnici. Il campionato locale guadagnò certamente in visibilità e attrattività, ma la nazionale non riuscì a trarre benefici diretti e duraturi da questa “iniezione di qualità” esterna.

Una crescita partita da lontano

Non sorprendetevi se oggi l'Uzbekistan si presenta sulla scena mondiale con una nuova autorevolezza. Dietro questa impresa c'è un lavoro lungo e strutturato, iniziato solo pochi anni fa, che ha cambiato radicalmente il volto del calcio locale. Fino a poco tempo fa, la nazionale giocava un calcio più difensivo, quasi timoroso, con una mentalità che lasciava alle altre squadre asiatiche il ruolo di dominatrici.

Poi qualcosa è cambiato. La federazione ha centralizzato la gestione delle accademie giovanili, trasformando il calcio da semplice passatempo sociale a un sistema organizzato di sviluppo tecnico e tattico. Il commissario tecnico Timur Kapadze, affiancato dal direttore tecnico belga Guy Kiala, ha dato la spinta decisiva: hanno introdotto uno stile di gioco più offensivo e creativo, aumentando la fiducia dei giocatori e riorganizzando in modo definitivo tutto il sistema-calcio del paese.

I risultati non sono arrivati per caso. L'Uzbekistan si è distinta anche nelle categorie giovanili, vincendo le ultime edizioni delle Asian Cup Under-17, Under-20 e Under-23, e raggiungendo traguardi storici come la prima partecipazione alle Olimpiadi di Parigi 2024. Ai Mondiali Under-17, poco più di un anno fa, gli uzbeki hanno eliminato l'Inghilterra agli ottavi, prima di arrendersi alla Francia nei quarti. Tutti questi tasselli hanno contribuito a costruire un mosaico sempre più solido. Anche perché, finora, a parte qualche exploit nella lotta e negli scacchi, lo sport uzbeko non aveva colto grandi vittorie internazionali.

Delusioni e speranze

Questa qualificazione rappresenta la vittoria di chi ha vissuto da vicino la delusione di sfiorare il sogno senza mai raggiungerlo. Negli ultimi vent'anni, l'Uzbekistan è stato a un passo dalla Coppa del Mondo, ma senza mai riuscire a centrare l'obiettivo: nel 2006 ha perso un playoff contro il Bahrein segnato da errori arbitrali e scelte discutibili della FIFA, nel 2014 è stato escluso per differenza reti, nel 2018 è mancato il pass per soli due punti. Queste battute d'arresto hanno forgiato un'identità forte, una squadra che non si accontenta più e punta a obiettivi più ambiziosi. La quasi perfezione della campagna di qualificazione, solo una sconfitta in 15 partite, dà ancora più valore al traguardo raggiunto.

Con la qualificazione al Mondiale 2026 in Canada, Stati Uniti e Messico, l'Uzbekistan porta al centro dell'attenzione tutta l'Asia centrale. Fino a pochi anni fa, i talenti di questa regione venivano trascurati dagli scout internazionali. Oggi la situazione è cambiata radicalmente. “Per anni i club europei hanno inviato osservatori in Africa, Sudamerica, poi in Asia, ma l'Uzbekistan è stato ignorato,” ha detto Guy Kiala a The Athletic. “Adesso vedremo più giocatori uzbeki in Europa, non c'è dubbio.” Attualmente, nella rosa che ha ottenuto la qualificazione, 14 giocatori su 25 militano nel campionato locale.

Con una popolazione di quasi 40 milioni, un territorio vasto e diviso, una struttura calcistica sempre più solida e un vivaio di giovani talenti in crescita, l'Uzbekistan può programmare il futuro con più serenità. Al Mondiale del 2026 si presenterà come una squadra da tenere d'occhio, pronta a mettere in discussione ogni previsione e a scrollarsi di dosso il ruolo di “cenerentola”. Questa qualificazione non è un punto d'arrivo, ma l'avvio di una nuova fase per il calcio di una regione che ha finalmente conquistato il suo posto sulla scena mondiale.

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