AGI - “La canzone napoletana ha diritto a essere riconosciuta dall'Unesco. È un patrimonio tradizionale, conosciuto in tutto il mondo, e non capisco perché non sia ancora stato tutelato. Hanno riscoperto la pizza, la bellezza della città, ma la canzone resta sottovalutata. Eppure 'O sole mio e Torna a Surriento si cantano anche in Cina”.
Parola di Renzo Arbore, che oggi a Napoli riceve un riconoscimento speciale dal Conservatorio San Pietro a Majella, istituzione storica che lo ha voluto omaggiare per una carriera dedicata alla valorizzazione della melodia partenopea. Un premio che, confessa Arbore all'AGI, lo ha colto di sorpresa.
“È un coronamento anche inaspettato. Ho sempre avuto Napoli nel cuore, ho lanciato e rilanciato tanti artisti napoletani, ma non immaginavo di ricevere un riconoscimento così prestigioso da un Conservatorio così legato alla musica accademica. È motivo di orgoglio per me e per i miei musicisti, molti dei quali napoletani, che da anni portano nel mondo la nostra visione della canzone classica napoletana”, dice.
A consegnarglielo Carla Ciccarelli, prima donna a dirigere l'istituto in oltre due secoli di storia. “Quando ho cominciato io – ricorda Arbore – le donne nei ruoli di vertice erano praticamente assenti. Oggi ci sono eccezioni importanti, e sono molto felice di essere premiato da una professionista seria. Ma i pregiudizi, anche nel mondo musicale, non sono ancora del tutto superati”.
Arbore guarda con ottimismo al rapporto tra nuove generazioni e tradizione: “I ragazzi si stanno riavvicinando alla musica popolare, e la canzone napoletana vive una nuova stagione. La rivoluzione l'ha fatta Roberto De Simone, e oggi ci sono giovani voci, anche femminili, che riprendono i classici. Lo vedo anche sui social: la musica napoletana torna nelle strade, negli eventi. È viva. E lo sarà sempre”.
Ma c'è un rimprovero alla politica e alla scarsa attenzione per la cultura musicale italiana. “Noi abbiamo generato nel Novecento una delle forme di musica pop più interessanti del mondo, insieme a Stati Uniti e Inghilterra. Eppure non lo riconosciamo. La canzone italiana, e quella napoletana in particolare, non sono ancora apprezzate come meritano. La politica dovrebbe capirlo: la musica è cultura, identità, storia. L'Unesco? È il minimo”.