Un investimento culturale e collettivo
La proposta è tanto semplice quanto ambiziosa: 1.000 euro a testa per acquistare una sala, diventandone co-proprietari. Ma non si tratta di una colletta: “È un vero investimento – spiega Valsecchi – con utili, dividendi, e soprattutto una partecipazione attiva alla vita culturale della città”. L'obiettivo è creare un modello sostenibile di azionariato popolare, che permetta di riportare il cinema al centro della vita di quartiere, rigenerando luoghi in disuso.
A fare da apripista potrebbe essere il cinema Reale, a Trastevere, ma il progetto è pensato per essere replicabile: "L'idea è partire da Roma e poi espandersi in tutta Italia", sottolinea il produttore.
Una sala condivisa da migliaia di persone
L'appello è partito da un semplice messaggio nelle chat degli addetti ai lavori, e in pochi giorni ha raccolto oltre 5.000 adesioni. “Immaginate un cinema sempre pieno – dice Valsecchi – perché saremo già noi, migliaia di sostenitori, a garantirne la vita”. La piattaforma online per aderire è in fase di preparazione, con il supporto di un notaio per definire i dettagli legali.
Al centro del progetto, anche il recupero di un pezzo di storia romana: le sale dell'ex circuito Ferrero, oggi a rischio trasformazione in supermercati, sale bingo o spazi commerciali. Tra quelle ancora disponibili: Reale, Roma, Excelsior, Empire, Royal e Ambassade. Restano esclusi Adriano e Atlantic.
Una risposta concreta alla crisi delle sale
Il progetto nasce in un momento delicato per il settore, aggravato anche da una legge regionale che, nella sua versione iniziale, semplificava il cambio di destinazione d'uso delle sale chiuse. Dopo le proteste di associazioni e operatori, la Regione Lazio ha parzialmente modificato la norma, introducendo un vincolo: le sale chiuse da meno di 10 anni dovranno mantenere l'uso originario almeno fino al 31 dicembre 2024.
Un modello per l'Italia
Più che un'operazione immobiliare, l'iniziativa di Valsecchi è un progetto culturale con un forte impatto sociale: “È una riappropriazione del territorio, un modo per stare insieme e far vivere i quartieri. Un grande scudo culturale contro la desertificazione”. Il sogno? Estendere il modello a tutte le città italiane.
“Basta parlare, bisogna agire. Io ci sono. E con me già altre tre persone. Ora tocca a tutti noi”, conclude Valsecchi.